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12.1 Antologia di Storia delle religioni

12.1.Antologia di storia delle Religioni - Leçons d’Histoire des Religions - Lectures on History of Religions 

 

  • 1. Il peccato originale e il paradiso terrestre

 

 

Questo argomento ha interessato migliaia di studiosi nei secoli, ma resta un rompicapo misterioso e affascinante sul quale qualsiasi riflessione è ipotizzabile e accettabile fin tanto che non verremo a capo dei misteri dell' universo.

Mi ci cimento non tanto perchè posso gettare nuova luce sull' argomento, ma  perchè da anni mi ci sono dedicato ed ho cercato in tanti ambiti, anche lontanissimi da quello biblico, per trovare una risposta e una spiegazione.

 

Più volte sentii raccontare da uno dei miei maestri, l' Abate Giuseppe Morelli, che agli inizi degli anni '50 la Casa editrice Marietti riunì uno stuolo di biblisti per la pubblicazione di "Secoli sul mondo", diretta da Giovanni Rinaldi, ma nessuno voleva trattare questo tema. Allora fu incaricato questo giovane professore di Introduzione biblica, Esegesi biblica ed Ebraico biblico della Pontificia Facoltà Teologica di Napoli, Giuseppe Morelli (allora trentacinquenne), che se la cavò mica male, e che in seguito divenne un valente studioso di lingue semitiche, oltre che classiche e moderne, ed eccellente ebraista, apprezzato e conosciuto più in Germania, Usa, Università di Gerusalemme che a Napoli!1

Può darsi che, inconsciamente, questo episodio abbia stimolato prima la mia  curiosità e poi la mia passione per il tema.

 

Ciò che, innanzi tutto, ci interessa in questa sede è la creazione dell' uomo, l'adam, cioè il terrestre, fatto, soltanto lui, a immagine di Dio.

Mentre gli animali erano stati creati dotati di nephesh(=anima vivente),l' uomo per diventare un nephesh riceve un alito vitale,la neshamah,che gli animali non hanno e che è un privilegio peculiare del terrestre:la neshamah designa lo spirito dell'uomo,fatto perchè possa sintonizzarsi con lo Spirito di Dio,la ruah.

 

Infatti,Proverbi 20,27 parla dello spirito dell' uomo,neshamah,come della "lucerna dell' Eterno",cioè sede della coscienza,capacità di intendere, di volere, di decidere grazie al ragionamento,alla riflessione.In questo modo il dualismo del "facciamo l'uomo..." si trasferisce e si riflette sul terrestre,che risulta composto di materia animata(il nephesh=anima vivente)e di spirito.Questo spirito, essendo stato alitato dal Creatore, risulta, quindi,essere "una scintilla luminosa" dell' immagine divina,come felicemente ebbe a dire Calvino.

 

Questo rapporto di filiazione materiale e spirituale, risultato di un atto creativo, deve farci comprendere che l' Entità superiore e spirituale che noi siamo soliti chiamare Dio,il Signore,l' Eterno,ha voluto trasferire sul piano terrestre/umano l' immagine e la somiglianza di un qualcosa esistente al suo livello,nella sua propria dimensione,cioè quella che noi siamo soliti chiamare divina.

 

Altrove ho già avuto modo di chiarire che il termine ebraico con cui si designa l' unità e unicità di Dio è achad che vuol significare una unità composta!2 Anche l'uomo è una unità composta: conoscendo l'uomo si conosce Dio.

 

Allora appare in tutta la sua chiarezza l' affermazione di Luca 17,21 βασιλεία τοῦ θεοῦ ἐντὸς ὑμῶν ἐστίν,cioè "il Regno di Dio è dentro di voi" (e non "il regno di Dio è in mezzo a voi",come pedestremente traducono certi sedicenti teologi e,purtroppo,anche certi biblisti!). 

L'unità divinità è quindi composta. Secondo la dottrina teologica cristiana è una trinità, ma la Scrittura mai dice una cosa del genere e nemmeno vi allude.Il concetto trinità ci è pervenuto da speculazioni umane non da rivelazioni scritturistiche.

Infatti,esaminiamo con calma e attenzione il versetto dello Shemah Israel,"Ascolta Israele"(Dt 6,4),che suona così:שמע ישראל י*ה*ו*ה אלהינו  י*ה*ו*ה אחד

cioè "Ascolta,Israele,il Signore è il nostro Dio,il Signore è Uno".Noi notiamo che per il termine Uno viene utilizzata dal redattore una parola particolare,cioè "achad",che significa "uno,unità".Nella lingua ebraica vi sono però due parole con il significato di "uno",e sono:

1.yachid,che sta a indicare una unicità assoluta (cfr.Zac 12,10 e Ger 6,26);

2.achad, che sta a indicare una 'unità composta' o 'collettiva' (cfr.Gn 2,26; Gd 6,16; 1Sm 11,7; Esd 3,1: Ez 37,17).

 

Per quanto riguarda il termine  JHWH (Jhavé,in ebraico י*ה*ו*ה),viene utilizzata la seconda parola,cioè achad,la quale sta a indicare una 'unità composta' o 'collettiva'.La stessa parola viene usata in Gn 2,24:"Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e saranno una sola carne".Si tratta di una unità composta,come quella utilizzata per indicare Elhoim(altro termine,plurale,per indicare Dio,secondo un altro redattore).Molto illuminante,a questo proposito,il lavoro di Robert Schroeder,"Le Messie de la Bible - sa divinité selon les Écritures",Éditeurs de la Litérature biblique,Braine-L'Alleud, Belgique,1974.

 

Pertanto,possiamo anche arguire che il plurale "facciamo" sia un duale,perchè il messaggio cristiano originale, predicato da Gesù Nazareno (o Nazoreo,o Nazireo)ci parla sempre e solo di una Entità/Padre e di una Entità/Figlio che lo rivela agli uomini.E' questa unità composta che,all'atto della creazione,viene trasferita dal genere divino al genere umano,sul quale si proiettano,scindendosi,il genere maschile e il genere femminile,che,però,nel disegno divino,sono destinati a unirsi (dabaq= saldarsi)per essere una cosa sola,come è l'Entità superiore divina!3

 

Unione nell'evoluzione,nel perfezionamento,nell' elevazione verso lo spirituale,il trascendente,affinchè la luminosa scintilla ritorni alla grande fiamma da cui è partita: cioè la neshama, l'alito vitale, percorse varie fasi di evoluzione e perfezionamento,risulti degna di rientrare alla base di partenza,alla ruah divina,arricchitasi di esperienze e maturatasi spiritualmente.

 

Purtroppo,elementi estranei,a noi perlopiù misteriosi,ma da noi terrestri captati e accettati,hanno turbato questo piano divino primigenio.Ciò sta a dimostrare l'esistenza del nostro libero arbitrio,altrimenti saremmo stati soltanto dei burattini manipolati.

 

Il terrestre ha voluto sperimentare un diversivo del piano,prospettatogli come una soluzione diversa, più agevole per conseguire il risultato finale.

Il racconto biblico,molto suggestivo e poetico,adombra significati reconditi e ancestrali,che certamente sono entrati a fare parte del nostro subconscio e sono alla base di tutti i comportamenti del genere umano nella storia.L'uomo e la donna terrestri sono stati posti in condizione di scegliere liberamente della loro formazione, del loro avvenire. La parte femminile del genere umano ha influenzato un certo tipo di scelta cedendo alla seduzione,alle lusinghe,lasciando prendere il sopravvento alla sete di potere,al materialismo estetico,inducendo la parte maschile a fare altrettanto.

 

E' questa la caduta,che ha prodotto una sequela di conseguenza nefaste perchè la scelta di carattere materialistico ha gravato enormemente sulla parte fisica del terrestre incrinando irrimediabilmente l'unità composta e frantumandola ancor prima che si potesse realizzare sul piano spirituale,ed è rimasto, preponderante,l'elemento materiale,che ha indotto all'accoppiamento sessuale per la procreazione di altri terrestri gravati dai grossi problemi e preoccupazioni che i loro padri avevano generato.

 

Il testo biblico dice che i due terrestri si accorsero di essere nudi(=arummin),perchè si accorsero della loro materialità che cercarono di coprire alla bell'e meglio senza riuscirci,perchè poi sarà il Signore Dio a ricoprirli di un corpo materiale,così come avevano voluto:è la seconda creazione (Gen 2, 7).

 

E' l'originale tesi origeniana che condivido:il corpo materiale dei terrestri è la conseguenza della loro caduta,della loro discesa nella materialità, scelta liberamente scartando una evoluzione diversa, quella spirituale alla quale,invece,erano destinati.

 

Noi vediamo che c'è stato un sovvertimento del piano divino,verificatosi grazie all'intervento di un agente esterno:lo stesso sovvertimento è stato tentato molto tempo dopo,all' epoca di Gesù Nazareno,che viene invitato,nel deserto,a prendere tutte le ricchezze e i poteri di questo mondo,ma egli rifiuta proprio per non sovvertire il piano divino e inizia in tal modo il riscatto del terrestre.

 

Infatti,Gesù Nazareno,nella sua funzione cristica, rappresenta il Figlio dell'uomo,cioè l'uomo per eccellenza,l'uomo come deve essere,l'uomo del piano divino, orientato allo spirituale, pur vivendo la propria avventura umana immerso in spoglie materiali.E' in questo modo che,grazie al riscatto operato sulle conseguenze della caduta,il Figlio dell' uomo diventa e si identifica col Figlio di Dio.

 

Alla base della scelta del terrestre ci fu l' albero che era nel mezzo del giardino,un albero double face:da una parte rappresenta l''albero della vita, dall'altro rappresenta l'albero della conoscenza(del bene-e-male).Non sono due alberi,ma uno solo,come una medaglia con due facce.Di cui il terrestre ha scelto la faccia negativa credendo di poter conseguire la conoscenza globale e diventare un Dio!

 

Infatti,gli alberi piantati in Gan Eden rappresentano le ricchezze e le potenze della terra,come ci dice Ezechiele molto chiaramente in 31,9 e 16,18, messe a disposizione dell'uomo,ma uno solo,quello al centro del giardino,rappresenta l'incessante comunicazione della vita data da Dio,la comunione con Lui, fonte inesauribile di vita;questa comunione è la Sapienza che la rende possibile;mentre il suo rovescio,l'albero della conoscenza,è il simbolo della ribellione e della ridicola pretesa d'abolire un rapporto di filiazione inteso - ingiustamente - come rapporto di dipendenza.

 

Pertanto,esso rappresenta il distacco da lui e l' inizio di una nuova e diversa evoluzione per il terrestre.Quindi è l'albero della follia,quella follia che si basa sulla scienza umana, che è, appunto,follia agli occhi di Dio.

 

Il testo biblico ci mostra un serpente,simbolo di vita e di generazione presso tutti gli antichi popoli,ma anche simbolo di magia e di divinazione. Infatti,il termine ebraico per serpente è nahash, che richiama la radice nsh che nella forma verbale nihesh vuol dire sedurre, ma anche praticare la magia.Pertanto,possiamo affermare che,in realtà,non vi è stato alcun serpente,ma un astuto mago(=arum nahash)che ha operato una seduzione, a livello magico,di divinazione,cioè una ribellione di fronte a Dio,spingendo la donna a credere che i terrestri potessero uguagliare il potere di Dio!

 

Per l' astuto mago si possono avanzare due ipotesi: 

1.che sia una entità spirituale negativa che contrasta il piano divino e tenta l'uomo per squalificarlo e sminuirlo agli occhi di Dio;

2.che sia la coscienza stessa del terrestre,lasciata libera e non manipolata,che elabora piani di ribellione cercando di innalzarsi al di sopra della propria condizione in atto.

 

In entrambi i casi si tratta del male,cioè del negativo,del deteriore,che attenta alla libertà di scelta dell'uomo inducendolo in errore,creando una falsa coscienza,miti,una scienza umana capace di donare all'uomo autonomia,sovranità,indipendenza,potere,successo,cioè farlo diventare padrone degli alberi del giardino che,appunto,rappresentano tutto ciò simbolicamente.

 

Per questa affascinante ipotesi sono debitore al Prof. Henry Blocher,docente di Teologia sistematica presso la Facoltà libera di Teologia di Vaux-sur-Seine (Parigi),dal 1965,che l’ha magistralmente formulata4.

 

L'uomo si traccia in tal modo il suo cammino e subito gli viene spiegato che cosa l'attende d'ora in avanti,avendo acquisito un corpo ed essendosi calato a piene mani nella materia impastandosi col male.

 

E' ovvio che il cammino a ritroso è reso impraticabile e impossibile:Il Signore Dio interdice l'accesso al giardino(che sarà riacquistato in futuro come "paradiso",al termine di un lungo periodo di evoluzione e di riscatto)e vi pone a guardia esseri spirituali,quindi superiori al terrestre,armati in modo inconcepibile all'epoca in cui questi fatti si verificarono:la spada fiammeggiante,roteante,guizzante,a zig-zag (come traduce molto originalmente il Morelli!), ecc. 

 

Ai giorni nostri è facilmente intuibile, a chi guarda a questi fatti in maniera disincantata, senza rifarsi alle solite favolette tradizionali propinateci da predicatori e sedicenti studiosi,di che cosa si sia potuto trattare:radar, raggio laser,onde elettromagnetiche,o addirittura forza antigravitazionale e antimateria,bazzecole a livello di dimensione spirituale,divina,capace di una potenza per noi inimmaginabile!

 

Ovviamente queste mie ipotesi suonano strane e sacrileghe alle caste orecchie dei sedicenti “studiosi”,che continuano a baloccarsi con l’inizio delle Genesi non tenendo da conto di altri e diversi tipi di studi,apparsi nel frattempo,che spiegano il tutto dando nuovi significati al pantheon della mitologia sumera.Sperare in una resipiscenza di biblisti e teologi è troppo,è vano!

 

L'uomo restava vittima della sua sete di onnipotenza che lo contraddistinguerà in seguito, in tutte le fasi della storia,perchè aveva abbandonato la via della Sapienza per seguire la sua via, quella della scienza:ne stiamo pagando ancora le conseguenze.

 

1.Morelli, G., Paradiso terrestre e  peccato originale, in Alla scoperta della Bibbia:Secoli sul mondo, a cura di G. Rinaldi, Marietti,

   Torino,1955. Su Morelli è utile consultare Biografia di Mons.Giuseppe Morelli, Sezione 9.0.di questo sito web, Biella, 2005.

2.Zamprotta, I., Lezioni di storia delle religioni e scienze bibliche, UPB, Biella, 1992.

3.Armstrong, H.W., Amore, matrimonio e sesso alla luce della Bibbia, Ambassador University, Pasadena, 1988.

4.Blocher, H., Révélation des origines, - Le début de la Genèse, Presses Bibliques Univesitaires, Lausanne, 1979; tr.it. La Creazione

   l’inizio della genesi, Edizioni G.B.U., Roma, 1984.

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Morelli, G.,Paradiso terrestre e peccato originale,in G.Rinaldi,Alla scoperta della Bibbia:Secoli sul mondo,Marietti,Torino,1955;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Grelot, P.,Riflessioni sul problema del peccato originale,Paideia, Brescia,1968;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Von Rad, G.,Genesi.La storia delle origini,Paideia,Brescia,1969;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Blocher, H.,La creazione, l' inizio della Genesi,PBU, Losanna; tr.it. GBU, Roma,1979;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Amstrong, H.W.,The mystery of the ages,Pasadena, Ambassador University,1986;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Zamprotta, I.,Considerazioni sul comportamento dell' uomo in Gan Eden,UPB, Biella,1989;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Sheran,A.,Armaghedon, la battaglia finale,Edizioni Mediterranee, Roma,1990;(Biblioteca Italo Zamprotta)     

Petit, J.P., Enquête sur les Ovni,Albin Michel,Paris,1990;(Biblioteca Italo Zamprotta)

Petit, J.P.,Enquête sur les Extraterrestres,Albin Michel, Paris,1991; (Biblioteca Italo Zamprotta)  

Sitchin, Z., Genesis revisited:is modern science catching up with ancient knowledge, Bear & Co, Santa Fe, N.M, 1991;trad.it. La Genesi:una nuova interpretazione dimostra che gli antichi possedevano straordinarie conoscenze tecnologiche, Gruppo Futura, Bresso, 1995(Biblioteca Italo Zamprotta).

 

 

 

  • 2. Miti pagani e culti religiosi  

 

La misteriosa religione di Babilonia è stata simbolicamente descritta nell'ultimo Libro della Bibbia come una donna di mala fama.Attraverso una visione l'apostolo Giovanni vide una donna vestita di porpora e scarlatto e adornata d'oro e pietre preziose e di perle e aveva un calice d'oro nelle sue mani ricolmo delle abominazioni e delle immondizie della sua fornicazione; e sulla fronte aveva scritto un nome:Mistero,Babilonia la grande,la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra (Ap 17:1,5).       

 

Quale è il significato di tale strana visione che fu data all'apostolo Giovanni?       

 

Si sa molto bene che nel linguaggio simbolico biblico una donna rappresenta una chiesa. La vera chiesa, per esempio, somiglia ad una sposa, una vergine casta, una donna santa e senza macchia:"Per fare egli stesso comparire dinnanzi a sè questa chiesa,gloriosa,senza macchia,senza ruga o cosa simile,ma santa e irreprensibile"; Ap 19:7,8:"Rallegriamoci e giubiliamo e diamo a Lui la gloria, poichè sono giunte le nozze dell'Agnello, e la sua sposa si è preparata;le è stato dato di vestirsi di lino fine, risplendente e puro;poichè il lino fine sono le opere giuste dei santi" (Ef 5,27).       

 

Però,come un accentuato contrasto con la vera chiesa,la donna del nostro testo è descritta come una donna sporca e corrotta,o,usando meglio il linguaggio della Bibbia,diremo che è una meretrice.       

 

E' evidente che il sistema religioso qui descritto è un sistema falso,una chiesa corrotta e decaduta,in lettere maiuscole,la Bibbia la chiama "MISTERO, BABILONIA".Quando Giovanni fu ispirato a scrivere l'Apocalisse(=Rivelazione),Babilonia,come città,era già  stata distrutta da tempo.

   

Da quel tempo ha continuato ad essere così,deserta e desolata,abitata soltanto da rari animali selvatici,proprio come avevano annunziato i Profeti: "E' Babilonia la gloria dei regni, la magnificenza della superbia dei Caldei, sarà sovvertita, come Dio sovvertì Sodoma e Gomorra.Essa  non sarà mai più abitata,di età in età nessuno vi si stabilirà più;l'arabo non vi pianterà più la sua tenda,nè i pastori vi faranno riposare i loro greggi,ma vi riposeranno le bestie del deserto,e le sue case saranno piene di gufi;vi faranno la loro dimora gli struzzi,i satiri vi balleranno.Gli sciacalli ululeranno nei suoi palazzi,i cani selvatici nelle sue ville deliziose.Il suo tempo sta per venire,i suoi giorni non saranno prolungati".Ger 51,62:"E dì,o Signore,tu hai parlato contro questo luogo,che tu lo distruggeresti,in modo che non vi dimorerebbe più nè uomo,nè bestie;anzi,che sarebbe ridotto in desolazione perpetua"(Is 13:19,22).       

 

Però,mentre la città di Babilonia è stata distrutta,dobbiamo costatare che la religione di Babilonia continua ed è molto ben rappresentata presso i popoli di questo mondo.E poichè Giovanni parlava di una chiesa,quindi di una religione sotto il simbolo di una donna chiamata Babilonia,è evidente che si riferiva ad una religione babilonese.       

 

Ma quale era questa antica religione babilonese? Come ha avuto inizio? Quale significato assume ai nostri tempi?       

 

Consultiamo le pagine del tempo passato,poco dopo il diluvio.       

 

In quei giorni l'uomo cominciò ad emigrare verso Oriente.E' successo che viaggiando verso Oriente trovarono una pianura nella terra di Shinar (questo termine è utilizzato per indicare il paese di Sumer)e rimasero a dimorarvi(Gen 11,2).E' proprio in questa terra di Shinar che fu costruita la città di Babilonia,che in seguito diede il proprio nome a tutta la regione,che più tardi fu denominata Mesopotamia,perchè "in mezzo a due fiumi".       

 

Qui i fiumi Tigri ed Eufrate avevano portato ricchi depositi di terra che potevano produrre grano in abbondanza.Purtroppo,c'erano anche degli svantaggi,rappresentati dalla presenza degli autoctoni e dalle bestie feroci,che costituivano un continuo pericolo alla sicurezza e alla pace:"Non li scaccerò dal tuo cospetto in un anno,affinchè il paese non diventi un deserto,e le bestie dei campi non si moltiplichino contro di te.Li scaccerò dal tuo cospetto a poco a poco,finchè tu cresca di numero e possa prendere possesso del paese"(Es. 23: 29,30).

 

Ovviamente,qualunque persona potesse proteggerli da questi pericoli (uomini e bestie) era bene accolta da parte della popolazione.

 

E così a questo punto,un uomo grande e poderoso,di nome Nimrod,apparve sulla scena.Divenne subito famoso come grande cacciatore di bestie feroci.      

 

La Bibbia dice:"E Kush generò Nimrod. Egli cominciò ad essere potente sulla terra.Fu un potente cacciatore al cospetto di Dio;perciò si dice:potente cacciatore al cospetto di Dio"(Gen 10:8,9).Questi versetti contengono un significato molto profondo,fondamentale,raramente dimostrato dagli studiosi,giacchè si tratta di tradurre alcune parole in maniera alquanto diversa,che comporta l'apparizione di un significato del tutto nuovo,che, purtroppo,ha contraddistinto lo sviluppo di tutta la storia del genere umano!       

 

Infatti,Nimrod sta a rappresentare il primo leader famoso del genere umano,colui che,proteggendo i suoi simili,ne ottiene riconoscenza, gratitudine e benemerenze, tant'è vero che costruì anche le prime città istituendo in tal modo i primi sistemi di organizzazione sociale.Queste sue imprese lo innalzarono al di sopra di tutti gli altri uomini,sì che l'Oriente è attualmente pieno di tradizioni che inneggiano alle sue straordinarie prodezze.Quindi,Nimrod,avendo ottenuto gran prestigio tra la gente,se ne servì per istituire un vasto sistema per ottenere protezione,cioè fu una specie di precursore delle diverse mafie che esistono sulla terra.Infatti, invece di lottare continuamente contro le bestie feroci e contro popolazioni ostili,perchè non organizzare la gente in città cinte di mura per proteggersi? E perchè non organizzare tra di loro tutte queste città in un regno eleggendo un capo,il re,che regni su tutti?       

 

Dai pochi versetti della Bibbia si ricava tutto ciò:"E la capitale di tale regno fu Babel ed Erek e Akkad e Kalne nel paese di Shinar" (Gen 10,10).

 

Così troviamo,a livello biblico,il primo regno umano.

 

Ma è ora che andiamo a rivisitare i termini ebraici che nella Bibbia designano questo personaggio e l'operazione che realizzò durante la sua vita.

 

Già il nome Nimrod nella sua etimologia "nmr" significa ribellarsi,e,quindi, il sostantivo ha il significato di "ribellione".

 

L'espressione "poderoso" in ebraico è resa da "ghibbor", che ha anche un'accezione ostile tradotta con "tiranno".

 

L'Enciclopedia Giudaica(vol IX,p.309) dice espressamente che Nimrod fu colui che indusse la gente a ribellarsi a Dio,e la costruzione della cosiddetta "torre di Babele"(in realtà chiamata etemenenanki(in accadico significa “casa del fondamento del cielo e della terra”,cioè il luogo che collega la terra al cielo!),una ziggurat,ne è un esempio palese,visto come è riportato dalla stessa Bibbia!

 

Ma v'è di più. L'espressione "al cospetto di" in ebraico è resa dall'avverbio "panyim",che tra le sue accezione riporta anche "contro"(cfr. Numeri 16,2;)5.Quindi il contesto di Gen 10,9,dopo queste considerazioni,cambia radicalmente,perchè ci propone la seguente traduzione:"Egli fu un potente tiranno contro Dio.Perciò si dice:Come Nimrod,potente tiranno contro Dio".

       

Nimrod fu anche il primo che assunse le funzioni di re-sacerdote per celebrare i rituali idolatrici di cui fu inventore durante il suo governo dell'antica Babilonia.Alla sua morte,secondo le più accreditate tradizioni e leggende,il suo corpo fu tagliato a pezzi e bruciato,e i pezzi furono sparsi in diverse zone.Troviamo rituali simili riportati dalla Bibbia:Gdc 19,29 e 1Sam 11,37.

 

La morte di Nimrod fu però l'inizio della sua mitizzazione e deificazione,operata dalla astuta moglie,Semiramide,che continuò e sviluppò l'opera malvagia iniziata dal marito,proclamandolo Dio-Sole.Poco più tardi questa donna adultera e idolatra diede alla luce un figlio illegittimo,chiamato Tammuz(del quale avremo modo di parlare in seguito),che indicò al popolo come Nimrod redivivo!

 

Infatti,alludendo alla profezia biblica,che si doveva adempiere per riscattare l'umanità caduta,Semiramide affermò che Tammuz era l'atteso messia,che doveva nascere da una donna:"E io porrò inimicizia tra te e la donna,e tra la tua progenie e la progenie di lei;e questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno"(Gen 3,15).

 

Satana aveva ingannato l'umanità attraverso una donna,ma sempre attraverso una donna,in seguito,sarebbe dovuto venire l'atteso Messia,il Salvatore Gesù Cristo.

 

atana,il grande falsificatore,era a conoscenza del piano divino e perciò si servì di Semiramide,docile strumento nelle sue mani, per realizzare il piano a modo suo,cioè ingannando l'umanità con uno pseudo-salvatore,il figlio di Semiramide.Pertanto,la regina Semiramide affermò che suo figlio era stato concepito in maniera soprannaturale e che era il seme promesso,cioè il Salvatore del mondo.

 

E non solo il figlio era adorato,ma anche la madre,insieme al defunto Nimrod,ormai assunto al cielo come Dio-Sole,si diede così vita alla prima falsa religione,che sembrò essere una dottrina scaturita dalla profezia biblica!

 

Questo corrotto sistema riempì di sè il mondo intero diffondendosi con numerosi simboli e rituali misterici,che sono serviti ai veri studiosi,per fare a ritroso il cammino nel tempo,ricollegandosi a quel periodo oscuro che nella nostra civiltà è chiamato preistoria.

 

Per esempio,il vitello d'oro era un simbolo di Tammuz,figlio del Dio-Sole(chiamato anche Baal).Il fuoco era considerato come il suo rappresentante sulla terra.Si accendevano candelabri e fuochi rituali in suo onore.Si rappresentava Nimrod con simboli solari,pesci,alberi,colonne,e animali vari.

       

Molti secoli dopo,agli albori del Cristianesimo,Paolo di Tarso fornì una dettagliata descrizione del cammino seguito dal popolo babilonese:"Perchè, avendo conosciuto Dio,non lo glorificarono come Dio,nè lo hanno ringraziato, ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore senza intelligenza si è ottenebrato.Dicendosi sapienti,sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile,di uccelli,di quadrupedi e di rettili...i quali cambiarono la verità di Dio in menzogne ed hanno servito e adorato la creatura invece del Creatore,che è benedetto in eterno. Amen...Perciò Dio li ha abbandonati a passioni vergognose"(Rm 1:21,26).

 

Questo sistema idolatrico da Babilonia si diffuse su tutta la terra(Gen 11,9).Infatti, uscendo da Babilonia,portavano seco la propria idolatria e i loro simboli misterici.

 

Perciò fino ad oggi noi riusciamo a ritrovare con evidenza le tracce di questi culti e credenze babiloniche,altrove,sotto altre forme,in ogni altra falsa religione umana.

 

Debbo ripetere un'espressione oggi molto in voga,la cui paternità risale ad un personaggio che detesto dover citare,Saddam Hussein:in verità, Babilonia fu "la madre di tutte le false religioni della terra".

 

Come affermano le Scritture:"Poichè tutte le genti hanno bevuto del vino delle sue fornicazioni,perciò le nazioni sono divenute deliranti"(Ger 51,7; Ap 18,13).

 

Pur avendo la prova biblica che Babilonia fu la madre,il nido delle religioni cosiddette pagane,abbiamo inoltre anche il suffragio di insigni studiosi del passsato,che corroborano la nostra tesi.

 

Per esempio,lo storico greco Erodoto osservò la religione e i suoi rituali in molti paesi e dichiara che Babilonia fu la matrice dalla quale proviene tutto il sistema mondiale di credenze(Storie, p.109).

 

Anche Bunsen dice che il sistema religioso egizio derivò dall'Asia e "dall'impero primitivo di Babel"(cfr.Saggi di storia ecclesiastica:Origine e sviluppo della dottrina trinitaria,F.Bracciforti,Milano,1890-91).

 

Nella sua opera intitolata Nivive e le sue rovine(Niviveh and its remains,Ripr. facs. della 5. ed.: New York,George P. Putnam, 1850)Sir Henry Austen Layard dichiara che abbiamo la testimonianza della storia profana e di quella sacra circa l'origine dell'idolatria nel territorio dell'antica Babilonia, che rappresentò il più antico sistema religioso mondiale(vol.II,p. 440).6

 

Quando Roma divenne un grande impero, è notorio che assorbì le credenze e i rituali dei popoli assoggettati,favorendo lo sviluppo e l'aggiornamento dell'antica idolatria babilonese(Testamento di Roma,p.245).

 

Pertanto,le numerose religioni ammesse dall'impero romano non furono altro che il sistema idolatrico babilonese,ideato da Nimrod e sviluppato da Semiramide diffusosi in tutto il medio ed estremo Oriente.

 

Non è un caso che il vero Messia e Salvatore del Mondo,Gesù Cristo,sia venuto alla luce proprio al tempo del massimo fulgore dell'impero romano, nuova Babilonia:il suo compito non era solo quello di iniziare il riscatto del genere umano,ma anche di sostituire il vecchio e idolatra sistema babilonico con un  nuovo sistema,fondato sulla Legge di Dio e corroborato dallo Spirito.Lo Spirito che fece discendere sulla comunità primitiva, dopo la sua dipartita, come promesso,per poter fronteggiare le insidie dei rappresentanti del vecchio sistema che non erano,e non sono,affatto d'accordo di abbandonare il potere sul genere umano.

 

Pertanto,la primitiva comunità cristiana,suffragata dallo Spirito,compì ogni sorta di prodigi,che attirarono anche la curiosità e suscitarono lo stupore di individui come Simon Mago(Atti,8:9,22),che riuscì solo a stimolare lo sdegno di Pietro.

 

Di questo passo il Cristianesimo sarebbe dilagato,ma anche qui era in agguato il pericolo che presto si manifestò: alcuni uomini si proclamarono signori del popolo di Dio, contrariamente a quanto aveva avvertito il Maestro (Mt 23, 8-10); e furono accettarono, come convertite, persone che invece non lo erano e portavano con sè solo il seme dell'odio, della discordia, la sete di potere, gli intrallazzi.

       

In conseguenza di ciò lo Spirito abbandonò la comunità, che rimase facile preda dei nuovi arrivati,che mutarono la Legge di Dio, perfezionata dalla Nuova Alleanza del Cristo,con le loro vecchie credenze e rituali camuffati.

 

Così si cominciò a sostituire la Verità impiantando le loro vecchie idee e metodi.Si fecero tentativi per mescolare il vecchio paganesimo con la nuova e pura dottrina cristiana,già nei tempi del cosiddetto Nuovo Testamento,tanto che Paolo di Tarso è costretto ad esclamare:"...il mistero dell'iniquità già sta operando"(2Ts 2,7)e aggiunge predicendo che deve venire una apostasia:"e che molti apostateranno dalla fede dando retta a spiriti di errore e dottrine di demoni"(2Ts 4,1).

 

Ma non è tutto. Al tempo in cui l'apostolo Giuda scrisse la sua lettera,gli fu necessario ammonire il popolo che "lottasse tenacemente per la fede che è stata una volta data ai Santi,perchè alcuni uomini si erano introdotti fraudolentemente e stavano trattando per cambiare la verità data da Cristo e dagli apostoli in falsità"(Gd 1:3,4).

 

Coloro che rifiutarono di aderire a questo sistema camuffato,di sedicente cristianesimo,dovettero subire persecuzioni e torture.Molti furono accusati falsamente e condannati alle fiere o bruciati.

 

Qualche secolo dopo da perseguitati,i cristiani,però,divennero a loro volta persecutori, grazie all'appoggio imperiale e agli onori resi alle alte gerarchie ecclesiastiche.In tal modo la chiesa ricevette non solo onore,ma anche potere che fu contraccambiato con concessioni al vecchio paganesimo idolatrico,che così fu incorporato nella dottrina cristiana deformandola sostanzialmente.

 

Invece di separare la chiesa dal mondo,come era nella volontà del Maestro e nello spirito del suo messaggio,la chiesa si fece parte integrante del mondo.Gli imperatori ebbero il loro posto preminente in seno ad essa,come lo avevano avuto in seno alla società religiosa romana in qualità di Pontifex Maximus,titolo che nel 375 d.C.,dopo la rinuncia del giovane imperatore Graziano,fu assunto dal vescovo di Roma,Dàmaso, lo sponsor di Girolamo.Quindi,a questo punto,la mescolanza tra sacro e profano fu totale,come era stato a Babilonia ai tempi di Nimrod.

 

(Per quanto riguarda Nimrod, mi sono avvalso delle ipotesi formulate dal Dr.C. Paul Meredith nella sua tesi di Master in Teologia, discussa presso l'Ambassador University).7

 

  • 3. Natale

 

Nel nostro calendario il 25 dicembre è il giorno di Natale, nascita di Gesù Nazareno. Ma questa celebrazione storicamente rispecchia la realtà dei fatti oppure si tratta del risultato di un'altra mescolanza tra preesistenti credenze e rituali pagani e cristianesimo?

 

Le Sacre Scritture non indicano la data della nascita di Gesù, perchè non ha alcun significato per esse quella ricorrenza, contrariamente a quanto pensavano e facevano i popoli idolatri, che festeggiavano la natività di alcuni loro dei di fondamentale importanza.

 

Anche se è possibile riuscire a calcolare, con una certa precisione, il periodo in cui veramente nacque Gesù, noi non ci affanneremo a farlo, proprio perchè non riveste importanza alcuna ai fini sia della nostra trattazione sia della sua biografia, ma cercheremo soltanto di capire che cosa sia il 25 dicembre che tutti ci adoperiamo a celebrare annualmente.

 

Fu nel V sec. che la Chiesa cattolica romana ordinò che la nascita del Cristo fosse celebrata annualmente il 25 dicembre, giorno dell'antico festival romano del solstizio d' inverno.

 

Ai tempi del paganesimo questa ricorrenza della nascita del dio sole era popolare, specialmente nei "misteri" del Mitraismo, sotto il termine di "natività"8

 

Ma non era una celebrazione peculiare di Mitra, ma anche di Osiris, Horus, Hercules, Bacco, Adone, Giove, Tammuz ed altri dei, visto che erano tutti, sotto diversi nomi e forme, procedenti dalla medesima leggenda di Tammuz: tutti costoro, infatti,erano considerati nati nella stessa epoca invernale, conosciuta oggi come Natale.9

 

Dice un noto studioso: "L'epoca invernale era quando tutti gli dei solari, da Osiris fino a Giove e a Mitra, celebravano il loro compleanno. La celebrazione consisteva in alberi di pino per Adonis, Saturno ed altri che rappresentavano il calore della nuova nascita del sole in forma di fuoco..." (cfr.H.W.Smith, "L'uomo e i suoi dei", p.201).

 

A Babilonia il compleanno di Tammuz era celebrato in questo periodo dell' anno con grandi feste e ubriachezza, in modo non molto dissimile dall'attuale celebrazione del Natale da parte della maggior parte dei cristiani di oggi.

 

Questa celebrazione era tanto bene radicata nelle usanze romane che persistette a qualsiasi tentativo di sovrapposizione e restò in vigore anche al tempo dei cosiddetti barbari, proprio perchè era accompagnata da festeggiamenti prolungati e banchetti uniti ad una sconcertante permissività(cfr.W.S.Walsh, "Curiosità di abitudini popolari", p.242).

 

Nell'antichità romana questo festival era conosciuto come Saturnalia, termine derivato da Saturno, uno dei tanti nomi di Nimrod o Tammuz,come "il dio nascosto".Si tratta della peggiore e vergognosa festività del calendario romano antico, perchè rappresentava un periodo settimanale di libertinaggio,in cui tutte le restrizioni di legge erano abolite!

 

Purtroppo,la chiesa cattolica romana si sentì in dovere di adottare questo festival sovrapponendovi le sue credenze e i suoi rituali, come era solita fare, ma la degenerazione di cui questo festival era portatore rimase e inquinò grandemente lo spirito stesso della celebrazione cristiana, cioè la nascita del Cristo.

 

Per questo motivo invalse l'uso,sconosciuto al genuino spirito cristiano delle origini,di scambiarsi i doni natalizi:si tratta di un'usanza tipica dei Saturnalia, quindi pagana.

 

Tertulliano ricorda la pratica di scambiarsi i doni in questo periodo. I capi apostati della chiesa romana tentarono di dare una giustificazione di questo comportamento, andando a scomodare i magi,ricordando i doni che questi avevano portato al fanciullo Gesù, ma dimenticandosi di dire che non si verificò alcun scambio di doni tra loro e il fanciullo e i familiari di questi: a questa epoca risalgono anche gli ampliamenti leggendari delle figure dei magi, a cui fu trovato uno status sociale, nomi e provenienza, con dedicazione di festività, chiese,e ritrovamenti di reliquie (cfr.Woodrow,Babilonia,Misterio religioso,antiguo y moderno,p.241,Evangelistic Association.Riveside,Palm Springs, CA,USA,1966,1981).

 

Babilonia fa sentire la sua influenza anche per l'altra diffusa usanza natalizia, l'albero di natale.

 

Una favola babilonica ispirata da Semiramide racconta di un albero sempreverde sviluppatosi improvvisamente, durante una notte, da un vecchio e arido tronco: simbolicamente il tronco morto rappresentava il suo sposo Nimrod defunto,mentre l'albero sempreverde rappresentava Tammuz (ritenuto figlio postumo di Nimrod), lo sposo redivivo!

 

Questa favola si propagò velocemente e la ritroviamo presso gli Egizi,i Druidi, gli Scandinavi, e i Romani. Questi ultimi ornavano i loro alberi di bacche rosse durante i Saturnalia10.

 

L'albero di natale riassume l'idea del culto con le sue brillanti sfere multicolori, che rappresentano il simbolo del culto del dio-sole: in tal modo tutti i festival invernali pagani sono stati incorporati nel periodo natalizio cristiano11.

 

In seguito, a queste usanze andò ad aggiungersi anche la ricorrenza di Santa Claus (Babbo Natale), mutuata dal centronord europeo.

 

In non meno di 20 referimenti biblici l'albero verde è associato all'idolatria e al falso culto (Dt 12:2,1; 1Re 14,23; 2Re 16,4 e 17,10; Ez 6,13; Ger 10:2,5).

 

Il passo di Geremia, prima citato, è illuminante, perchè indica chiaramente che i suoi contemporanei si creavano idoli di legno e, tra questi, troviamo il vero precursore dell'odierno albero di natale: "Non imitate la via delle nazioni, e non temete i segni del cielo, perchè le nazioni li temono. Perchè le consuetudini dei popoli non sono che vanità.

       

Si taglia il legno nella foresta; la mano dell'operaio lo lavora con l'ascia; lo si abbellisce con argento e oro, lo si fissa con chiodi e martelli, perchè non traballi. Questi dei sono come una colonna massiccia, e non parlano; si deve portarli, perchè da soli non possono camminare. Non temeteli, perchè non sapranno fare alcun male, come sono incapaci di fare del bene" (traduzione mia).

 

Pertanto, è chiaro che questa usanza idolatrica e pagana va condannata rigorosamente, senza scampo, perchè non basta l'intenzione diversa, rivolta al Signore, per modificare l'essenza di un culto materialistico: come già detto, "non vi aggiungete e non vi diminuite nulla" (Dt 12,30) è il mònito biblico che l'uomo non può assolutamente disattendere.

 

 

  • 4. Carnevale

 

Si tratta di una celebrazione nata pagana e rimasta tale, perchè le chiese cristiane non sono riuscite a sradicarla dal complesso di tradizioni precristiane.Anche se si è tentato in tutti i modi di combatterla, questa ricorrenza è rimasta, in vario modo, nelle consuetudini finali dell'inverno, trasformandosi a seconda dei luoghi,ma conservando immutato il suo libertinaggio e perdendo,gradualmente, il senso della sua origine babilonese e romana.

 

ompletamente errate risultano,ad una seria indagine scientifica, le diverse derivazioni del termine, purtroppo ancora riportate dalla maggior parte dei libri,dei dizionari e delle enciclopedie, ed avallate anche da studiosi di vaglia: pertanto, sia carnis levamen (sollievo della carne)sia carnes levare (togliere le carni) sia carne,vale(addio, carne)risultano etimologie popolari e ascientifiche.

 

Diversi studiosi si sono sbizzarriti a cercare anche un significato, ovviamente prescindendo dal contesto antropologico-culturale-religioso-mitografico, che è l'unico ambito interdisciplinare che possa consentire un chiaro inquadramento del fenomeno e una sua approfondita e capillare analisi.

 

Pertanto, abbiamo René Guénon il quale ritiene che il Carnevale abbia svolto una precisa funzione di valvola di sfogo per l'istintività repressa, spiegando così il famoso "semel in anno licet insanire".12

 

Altre interpretazioni riduttive e fuorvianti le rinveniamo presso Glauco Sanga, che ritiene coercitive le azioni espresse in quel periodo:si deve ridere,ci si deve divertire, si debbono scatenare gli appetiti e gli impulsi repressi.13

 

Altri, come Paolo Toschi, vi ravvisano un rituale di propiziazione agricola, collegandolo, quindi, agli antichi riti di fertilità.14

 

Ancor più avventurosa la tesi avanzata dal russo Michail Bachtin che vi ravvisa una valvola di sfogo politico e di controllo sociale.15

 

Secondo la tesi di chi scrive,che ravvisa l'origine di quasi tutte le credenze e rituali nell'antica Babilonia,bisogna,in via preliminare, icordare che l'influenza delle credenze caldee ha permeato di sè tutto il bacino del Mediterraneo, e a nulla valgono le obiezioni avanzate da alcuni circa la differente denominazione di dei, celebrazioni, luoghi:i personaggi, i nomi e i fatti sono sempre gli stessi, cambiano soltanto nome per effetto del mutato contesto geografico-storico-sociale.

 

Febbraio è il mese del Carnevale, ma Febbraio era anche l'ultimo mese dell'anno, in cui ci si doveva purificare per affrontare l'anno nuovo con l'inizio della primavera,che simboleggiava il rinnovamento cosmico, come avevano tramandato i popoli indoeuropei.Questo passaggio era contrassegnato dai riti di espiazione per le anime dei morti, perchè ogni periodo di passaggio annuale contrassegnava  un momento di contatto con il mondo infero.

 

Tra i giorni dedicati alla purificazione e quelli dedicati ai rituali per i defunti si inserivano i Lupercali,16 una celebrazione romano-italica ibrida, composta di rituali di purificazione e rituali di fecondazione simbolica.

 

Un proverbio bergamasco e bresciano ci ricorda che dopo Natale è subito Carnevale.Ciò significa che le antiche tradizioni dei Saturnali romani del 17-23 dicembre,che sopravvivono nella notte di S.Silvestro,si sono saldate, a causa del periodo invernale,con i giorni dei Lupercali, conservando soltanto la reminiscenza del passaggio celeste dall'inverno alla primavera, che presso i popoli dei culti misterici veniva celebrato col navigium Isidis, rappresentato dal passaggio di un carrus navalis, un carro navale, un car naval, poi chiamato Carnevale, composto da un carro trasportante la dea Iside proveniente dal mare, che doveva favorire il passaggio annuale dall'inverno alla primavera.

 

La stessa consuetudine si tramandava ad Atene con la celebrazione chiamata Antesterie,17 che ricordava sempre il passaggio dall'inverno alla primavera, per tre giorni, con una barca trainata da ruote, che portava il dio Dioniso, venuto dal mare.

 

Questo passaggio, favorito da un dio, doveva servire alla rigenerazione della terra, grazie all'intervento divino. Si tratta sempre del rinnovamento dell'anno, all'equinozio di primavera, ricordo e riattualizzazione del primordiale processo di creazione del cosmo, descritto nella mitologia babilonese, il cui significato simbolico rappresenta la lotta dell'anno vecchio, forza ostile, rappresentata dalle tenebre, con l'anno nuovo,rappresentato dalla primavera, che porta luce e sconfigge le tenebre.

 

Questo periodo di passaggio e di ricreazione,di lotta e di caos, in cui tutto era momentaneamente rovesciato e poi riordinato, raccoglieva in sè tutte queste preesistenti cerimonie e celebrazioni, sincretisticamente collegate a livello popolare e perpetuate nella consuetudine della quotidianità cristiana, sebbene mai ammessa dalle chiese.

 

Gli attuali carnevali che si svolgono in Italia e nel mondo sottendono, senza saperlo, tutto ciò!

 

Il navigium Isidis prima accennato rientrava nelle celebrazioni di apertura del ciclo primaverile, onorando l'aspetto marino e fluviale delle divinità egizie.

 

Infatti,il 5 marzo la processione navale della Nave di Iside celebrava anche la dea soccorritrice come protettrice dei naviganti.

 

Conoscere i particolari più salienti di questa festività di apertura del ciclo primaverile, occorre rifarsi alla descrizione lasciataci da Apuleio nel suo Asino d'oro.18 "Ecco che, uno alla volta, sfilano preludendo al corteo solenne,gruppi mascherati in magnifici abbigliamenti, secondo il voto e il gusto di ciascuno.. .Mentre questo divertente seguito di maschere popolane si aggira di qua e di là, già la processione dedicata esclusivamente alla dea della salvezza iniziava il suo cammino.Donne splendenti nelle loro candide vesti, tutte liete dei loro ornamenti e il capo ornato di ghirlande primaverili, lanciavano dal grembo fiori, si da cospargere la via per cui passava il sacro corteo. Altre volgevano dietro la schiena specchi lucenti, per rendere visibile alla dea l'omaggio dei fedeli, a mano a mano che ella arrivava alla loro altezza; alcune con dei pettini d'avorio facevano mostra,muovendo le braccia e piegando le dita, di adornare e pettinare la regale capigliatura della dea, o anche cospargevano le vie, versando a goccia a goccia un delizioso profumo e altri odorosi unguenti. Inoltre, una gran folla di individui d'ambo i sessi recavano lucerne, fiaccole, ceri e altri lumi adatti alla circostanza, per attirarsi la grazia della dea che è la genitrice delle stelle del cielo. Venivano poi dei suonatori di zampogna e di flauto, i quali con la loro dolcissima melodia componevano un concerto dei più soavi. Li seguiva un amabile coro di scelti giovani,brillantemente vestiti a festa d'una candida tunica,i quali ripetevano in coro un inno assai bello, composto per ispirazione delle Muse da un poeta di valore insieme con l'accompagnamento musicale; e il suo significato era frattanto di preludere a quelli  che sarebbero stati i voti più solenni. Venivano inoltre dei flautisti consacrati al grande Serapide i quali in una specie di flauto ricurvo suonavano a intermittenza il motivo tradizionale che echeggia nel tempio del loro dio... A questo punto irrompe come un fiume la turba degli iniziati ai sacri misteri:uomini e donne di ogni condizione sociale e di ogni età, raggianti un immacolato candore dalle loro vesti di lino,queste coi capelli profumati e attorti in trasparenti veli, quelli col capo completamente raso e il cranio di un bianco lucente. Erano costoro le terrene stelle di quella venerabile religione e dai loro sistri di bronzo, d'argento e anche d'oro traevano un acuto tintinnìo. Insieme con essi avanzavano i sacerdoti del culto:personaggi maestosi che, strettamente fasciati da una bianca tunica di lino lunga dal petto sino ai piedi, recavano gli attributi testimonianti la potenza dei loro dei...(Si tratta di una lucerna a forma di barca, un altare, un ramo di palma con le foglie dorate, un caduceo, una mano sinistra simbolo della giustizia, un setaccio d'oro pieno di rami d'alloro e un'anfora). Non tardarono quindi ad apparire gli dei,che si degnavano di incedere valendosi dei piedi degli uomini. Ecco il terribile messaggero che fa la spola tra gli dei del Cielo e degli Inferi avanzare con il capo eretto, drizzando alteramente il suo collo di cane: Anubi, che con la sinistra mano recava il caduceo e con l'altra scuoteva un ramo di palma.Sui suoi passi,immediatamente dopo, seguiva una giovenca sollevata in posizione eretta: giovenca, simbolo della fecondità, che ben si addice alla dea madre del creato; essa era adagiata sulle spalle d'uno dei suoi ministri, e manifestava nell'andatura maestosa la sua felicità. Un altro recava una cesta contenente i sacri arredi, e nascondeva nell' intimo di essa i misteri di quella sublime religione Un terzo sosteneva col suo grembo fortunato la venerabile effigie della divinità suprema. Questa non aveva forma nè di animale domestico nè di uccello nè di belva e neppure d'uomo,ma la novità medesima e l'ingegnosità della trovata la rendevano venerabile e ne facevano il simbolo ineffabile di una religione comunque superiore e degna di essere custodita nel massimo segreto.L'immagine era d'oro luccicante,e configurata precisamente nel seguente aspetto: si trattava di una piccola urna,foggiata con rara maestrìa a fondo esattamente circolare, esternamente cesellata con figure meravigliose proprie degli Egizi; il suo orificio non si levava molto in alto,ma era teso in avanti a mo' di tubo e sporgeva con un lungo becco;nell'altro lato era fissato un manico che si sviluppava all'indietro in una larga ansa,e in questa stava un aspide dalla pelle squamosa,che attorcigliato in sinuose spire,innalzava il suo collo rigonfio e striato" (tr.di C.Annaratone)19

 

  • 5. Quaresima

       

Nell'antichità, presso i popoli cosiddetti pagani, le ricorrenze erano dei veri e propri festival, che spesso duravano diversi giorni. Questi festival avevano le radici della propria esistenza in credenze idolatriche, la cui origine è da ricercare sempre nella matrice babilonica.E' interessante ricercare il perchè il giorno del venerdì divenne un giorno di digiuno e un giorno di penitenza.

 

Originariamente la parola venerdì deriva dal nome Freya, conosciuta come la dea della pace, del piacere e della fertilità. Il suo simbolo era il pesce, simbolo della fertilità.

 

Fin dai tempi più antichi il pesce era stato considerato simbolo della fertilità, così presso i Babilonesi, gli Assiri, i Fenici, i Cinesi e altri (cfr. Dizionario dei simboli).20

 

La parola pesce viene dal termine dag, da cui Dagon (il Dio-pesce), venerato in ambito mesopotamico e fenicio: il termine significa anche accrescimento e fertilità.

 

 

 

 

Il dio.pesce Dagon come riportato in Woodrow, R., Babilonia, misterio religioso, antiguo y moderno, p.131

 

Perchè proprio il pesce fu adottato come simbolo di fecondità? Perchè gli antichi notarono la sua straordinaria capacità di riproduzione: le diverse specie di merluzzo depositano da un minimo di 9000 ad un massimo di 1 milione di uova all'anno!

 

Per questo motivo fu associato sia alla Venus romana sia alla Freya germanica, dea della fertilità, il cui giorno commemorativo era il venerdì: da ciò possiamo cominciare a capire il perchè del venerdì associato al pesce.

 

Il venerdì era considerato il giorno di Venere perchè si credeva che l'omologo pianeta di Venere regnasse sulla prima ora di questo giorno e per questo lo si era chiamato Dies Veneris, da cui venerdì. Poichè il pesce era il simbolo della dea della fertilità, divenne anche simbolo del suo giorno, giacchè in quel giorno il pesce era considerato l'offerta consacrata alla dea.

 

In inglese lo stesso giorno viene chiamato friday, cioè giorno di Freya, giorno della dea della fertilità, rappresentata seduta con un pesce sulla testa.21

 

 

 

 

          Freya seduta col pesce sulla testa (op.cit.,p.227)

 

Questa similitudine tra le due dee dimostra che originariamente erano lo stesso idolo,proveniente dalla matrice babilonica. Infatti,la stessa associazione della dea madre col pesce, simbolo della fertilità, è evidente tra i simboli della dea in altre forme.

 

Il pesce era considerato consacrato ad Astarth, nome della dea adorata anche dagli apostati Ebrei. Anche in Egitto Iside è frequentemente rappresentata con un pesce sulla testa.

       

Come ognuno può facilmente capire,a questo punto, il venerdì di digiuno e di astinenza dalle carni comandato dalla chiesa ha una origine pagana ben precisa, che, come tanti altri precetti, si perde nella notte dei tempi e che si è cercato di giustificare, molto maldestramente, con avvenimenti della vita di Gesù Nazareno che, invece, nulla vi hanno a che fare (la morte, avvenuta in un presunto venerdì).

       

A questo digiuno si riallaccia l'altro del periodo cosiddetto di quaresima, cioè i quaranta giorni precedenti il festival di primavera, chiamato pasqua.

 

Nei tempi babilonici, questo periodo era osservato con pianti, digiuno e macerazione per Tammuz, mirati ad ottenere i suoi favori, mentre risaliva dal centro della terra, al termine dell'inverno, per inaugurare la primavera.

 

Secondo le antiche tradizioni, Tammuz aveva 40 anni quando morì, ucciso da un cinghiale. Pertanto, 40 giorni furono fissati, annualmente, per piangere Tammuz, un giorno per ogni anno che visse su questa terra.

 

Queste prescrizioni, diffuse in tutto il mondo pagano antico, furono osservate non solo in Babilonia, ma anche tra i Fenici, gli Egiziani, e, per diverso tempo, anche presso gli apostati Ebrei (Ez 8).

 

Quaranta giorni di astinenza o quaresima era una celebrazione osservata anche dagli adoratori del demonio in Kurdistan che l'avevano ereditata dai loro maestri, i Babilonesi.

 

Questa consuetudine era conosciuta e praticata anche nei culti pagani dell'antico Messico, in cui  si osservava "un digiuno di  40 giorni in onore del sole", e noi sappiamo chi si voleva onorare nel simbolismo solare!

 

Un presunto grande studioso di inizio secolo,Alexander Hislop,che comunque i sedicenti studiosi attuali volutamente ignorano, nella sua grande opera The two Babylons (1916)dice che "l'osservanza della quaresima sembra essere stata indispensabile prima del gran festival primaverile annuale in memoria della morte e risurrezione di Tammuz".22

 

E' la stessa quaresima considerata tanto importante dalla chiesa cattolica. Ma si basa questa sulla Bibbia?

 

Dalle nostre ricerche sembra emergere che le radici di questa dottrina affondino ben saldamente nel paganesimo, nell'idolatria babilonica. Quando il sedicente cristianesmo, quello - per intenderrci - che usci dalle brume del secolo buio (il I secolo d.C.), si mescolò al paganesimo, cui andò in molti casi a sovrapporsi, ne sortì quella ibrida commistione che fu poi lavorata a dovere, nel tempo, da "padri","dottori" e alte gerarchie. Dalla abile miscela vennero fuori le più svariate osservanze,tra cui la cosiddetta quaresima, così chiamata e istituita ufficialmente nel VI sec.

 

Si ebbe così una "festività sacra", durante la quale era vietato ai fedeli di consumare carni.

 

Ai nostri tempi, durante questo periodo se ne vedono proprio di tutti i colori da parte dei "fedeli": c'è chi non mangia cioccolata o dolciumi, altri si astengono dal burro, taluni dalle sigarette, altri non bevono vino o alcolici. Quale il risultato di tutto ciò?  Nessuno, perchè non vi è senso in tutto ciò.

       

Infatti, il credente era stato ammonito: "Guardati che talora, dopo che esse saranno state distrutte davanti a te, tu non ti adopri a continuarle; e che tu non vada alla ricerca dei loro dei, così che pure io faccia così? Non farai così verso il Signore Dio tuo; poichè quelle nazioni hanno fatto così verso i loro dei tutto ciò che è abominevole al Signore, e ciò che Egli odia; con ciò abbiamo bruciato col fuoco i loro figli e le loro figlie ai loro dei. Prendete nota di fare tutto ciò che vi comando; non aggiungetevi nulla e non diminuitevi nulla" (Dt 12:30,32).

 

Più chiaro di così? Purtroppo l'inosservanza della Legge del Signore è sistematica, mentre si osservano le prescrizioni della tradizione, come aveva già condannato Isaia e poi ammonì lo stesso Gesù Nazareno (Is 29,13; Mt 15,1-9; Mc 7,1-13; Lc 11,37-41).

 

Le prescrizioni umane, quelle della tradizione ecclesiastica, per intenderci, sono dottrine demoniache, perchè erano state previste come tali. In 1Tm 4:1,4  fu detto che "proibiranno di astenersi da cibi"!

 

Naturalmente i fedeli non comprendono il "mistero" di tutto ciò e ritengono che il periodo quaresimale e i giorni di astinenza siano di sicure origini cristiane e apportatori di grandi virtù morali e spirituali, nonostante che le Sacre Scritture insegnino tutto il contrario.

 

Nei miei anni di insegnamento di Storia delle religioni e Scienze bibliche ho dovuto costatare una ignoranza assoluta a questo proposito e, a volte, domande stupidamente ingenue: "Che cosa cambia, se facciamo così?".

 

A nulla vale ricordare che va osservata la Parola di Dio, non quella umana.

 

  • 6. Pasqua

 

Per quanto, invece, attiene la Pasqua, dobbiamo rilevare, innanzi tutto, che  il termine deriva da Pascha, che nulla a da spartire con il vero significato della nostra Pasqua.

 

Infatti Pascha è termine coniato dalla liturgia romana con la sua lingua ufficiale, il latino, mentre il significato della Pasqua, di origine ebraica, fa riferimento ad un termine ovviamente ebraico, pesach, che significa passaggio (da passare oltre, oltrepassare): si tratta del ricordo del passaggio del Signore, secondo la Bibbia, sulle case di Egizi ed Ebrei. Le case con gli stipiti macchiati del sangue dell'agnello furono risparmiate dalla mano del Signore.

 

Si tratta di un simbolismo, che spiega la validità del sacrificio dell'agnello nel periodo del nuovo Patto, quando Gesù Nazareno, novello agnello, si immolò per liberare col proprio sangue il popolo di Dio, utilizzando e attualizzando, però,come nuovi simboli, il pane e il vino; gli stessi che aveva utilizzato il re-sacerdote di Salem, Melchisedech, quando incontrò Abramo e lo benedisse.

       

Nelle regioni nordiche europee, come pure in Canada e negli USA, la domenica di Pasqua è celebrata con varie usanze che provengono dall'antica Babilonia, come, per esempio, colorare delle uova e nasconderle affinchè i bambini le cerchino per mangiarle.

       

Poichè i cristiani primitivi non avevano una tale abitudine, possiamo dire che trattasi di un'usanza estranea alla Bibbia, e che non ha nulla a che vedere con la Pasqua, con Cristo e con la sua resurrezione.

 

Dalla storia e dalla antropologia religiosa antica, però, sappiamo che l'uovo fu un simbolo sacro per i Babilonesi!

 

Essi, ritenendo per buono un vecchio mito cosmogonico, ripreso anche dalla mitologia greca, credevano che un uovo di enormi dimensioni fosse caduto dal cielo nel fiume Eufrate. Da questo meraviglioso uovo sarebbe nata Ishtar, chiamata poi Ashtart, Astante (Afrodite per i Greci, Venus per i Latini). In seguito il simbolo dell'uovo fu associato con questa dea ed ebbe, quindi, una valenza misterica, religiosa.

 

Per questo motivo, in seguito, troviamo l'uovo come simbolo sacro presso molti popoli: i Druidi, sacerdoti dei popoli celti, portavano un uovo come sacro simbolo della loro fede. La processione in onore di Ceres a Roma era preceduta da un uovo (cfr. Enciclopedia delle religioni, vol.I, Rizzoli Editore, Milano, 1964).

 

Nei rituali misterici di Bacco si consacrava un uovo come parte della cerimonia festiva. In Cina, fino ai nostri giorni, si segue la medesima usanza di utilizzare uova colorate nella loro festività sacra di primavera. In Giappone una vecchia usanza è quella di colorare le uova sacre in maniera brillante. Nel nord Europa, in tempi pagani, le uova erano usate come simbolo della dea della fertilità.      

 

 

 

 

Uova della tradizone pasquale nordica

(da The plain Truth about Easter,by Herman L.Hoeh,1957,1988;illustration by Mathew Falkner)

  

Dice l'Enciclopedia britannica: "L'uovo, come simbolo di fertilità e di rinnovamento della vita, proviene dagli antichi Egizi e Persiani, i quali avevano anche l'abitudine di colorare le uova e di mangiarle durante le loro festività primaverili".

 

Nessuno può mettere in discussione il fatto che l'uovo rappresenta un simbolo sacro e parte delle festività pagane da tempi antichissimi.

 

Pertanto, come potè arrivare questa abitudine ad essere associata con la cristianità? Analogamente ad altri rituali che furono adottati dalla "chiesa" per avvicinare il paganesimo alla fede cristiana,cercando qualche similitudine tra le abitudini di quelli e alcuni eventi cristiani.

 

Così, in questo caso, si suggerì che, come un pollo esce dall'uovo, Cristo uscì dalla tomba! Allo stesso modo,i capi dell'apostasia cristiana - che difettavano dello Spirito santo di Dio - predicarono ai fedeli che l'uovo era un simbolo della resurrezione di Cristo. Troviamo Papa Paolo V che decretò addirittura una preghiera in collegamento con l'uovo: "Benedici, o Signore, ti chiediamo, questa tua creazione delle uova, che siano sostentamento ai tuoi servi, mangiandole in ricordo di Nostro Signore Gesù Cristo"! (cfr. A.Hislop, op.cit., p.110).

       

Chiunque, può dunque capire che trattasi di una ibrida mescolanza, che, partendo dall'antica Babilonia perviene alla Babilonia odierna, perpetuandosi in inutili e sciocche abitudini che servono solo a distogliere l'uomo dalla comprensione del genuino messaggio cristiano.

 

Così, come il pesce era stato associato alla dea come segno di fertilità sessuale, anche l'uovo, altro simbolo di fertilità.

 

Quando, a mente fredda analizziamo questi fatti, restiamo sconcertati dalla leggerezza con cui si è proceduto, nei primi secoli del cristianesimo, pur di aumentare la consistenza dei seguaci del nuovo credo, sorvolando sulla licenziosità di siffatti simboli che non avevano connessione alcuna con la semplice e pura dottrina del Cristo, di cui, però, ne hanno snaturato il carattere e la portata, mescolandola con gli antichi e idolatri rituali.

 

Altra usanza pasquale fu la celebrazione del sorgere del culto del sorgere del sole. E' opinione comune che questo servizio in onore del Cristo è dovuto al fatto che Egli risuscitò nella mattina della domenica di Pasqua, al sorgere del sole.

 

Ma le cose non stanno così.A questo proposito è molto importante consultare "La risurrezione non avvenne di domenica"di Herbert W.Armstrong,1984,Worldwide Church od God,Pasadena,Usa.

 

Innanzi tutto va chiarito questo culto del sorgere del sole. Era praticato un culto pagano al sole nascente con l'"adorazione del sole".

 

Ai tempi dell'Antico Testamento, il cosiddetto popolo eletto fu portato in schiavitù nel regno neobabilonese. Il profeta Ezechiele racconta: "Ed Egli mi menò nel cortile di dentro della casa del Signore; ed ecco, all'entrata del tempio, fra il portico e l'altare interno 25 uomini che avevano le spalle volte alla casa del Signore, e le facce verso l'Oriente" (Ez 8,16).

 

Qui vediamo che il popolo che aveva conosciuto Dio,aveva consentito che questa mescolanza di culto solare entrasse e corrompesse il suo culto al vero Dio.

 

I riti collegati al sole nascente, sotto diverse forme, erano conosciuti e praticati presso diversi popoli antichi.

 

Coloro che costruirono la Sfinge in Egitto,lo fecero perchè potesse guardare il sole sorgente ad Oriente. Dal monte Fuji-Yama (Giappone) si offrono preghiere con la faccia rivolta ad Oriente:i pellegrini pregano al loro sole nascente, mentre scalano i fianchi della montagna...a volte si possono vedere centinaia di migliaia di pellegrini che vanno a Shinto con le loro tuniche bianche uscendo di sotto agli ombrellini e cantando al sole nascente (cfr. La storia del culto mondiale, p.330).

 

I seguaci del culto mitraico di Roma si riunivano al sol nascente in onore del loro dio solare.

 

Ritornando a Ezechiele, quando vide i 25 uomini guardare verso l'Oriente al sole nascente, incuranti di voltare le spalle all'altare del Signore, vediamo che gli fu detto: "Ma hai visto,figlio dell'uomo?...E' cosa leggera fare le abominazioni che fanno qui?...Ed ecco qui che mettono cattivo odore alle mie narici" (Ez 8, 17).

       

Questo rito di mettere cattivo odore alle narici era associato col sole nascente in Oriente, cioè era un rito idolatra di annusare un ramo di pianta, mentre si intonavano inni al sole nascente.

 

Quali indicazioni esistono per affermare che tutto ciò si verificava in tempo primaverile?

 

In realtà, lo stesso nome di Isthar (in inglese Easter) viene dalla dea della primavera. Questo termine sta anche ad indicare l'Est, cioè l'Oriente.

 

In Ezechiele 8,14 leggiamo: "Ed Egli mi menò alla porta della casa del Signore, che è verso il Settentrione; ed ecco, qui sedevano delle donne che piangevano Tammuz". E dopo, nei versetti seguenti, Ezechiele vede i riti del sole. Di modo che, inclusa la gente che conosceva Dio, aveva mescolato con la religione di Babilonia facendo lamenti, insieme con la "madre" Ishtar, per Tammuz morto. Questo era parte del rituale della celebrazione primaverile, cioè il rinascimento della nuova vita, della vegetazione, in primavera, rappresentando così la venuta di Tammuz dal fondo della terra. Insieme con queste solenni celebrazioni primaverili stavano i rituali di quegli uomini che guardavano verso Est, a Oriente, il sole nascente.

 

Per la "chiesa" del IV sec. d.C. non è stato troppo difficile mescolare il rituale pagano e idolatra del festival babilonico primaverile, esportato presso tutti i popoli dell' antichità, con la celebrazione cristiana della risurrezione di Cristo.

 

Ben dice l'Enciclopedia Britannica a questo proposito: "Il cristianesimo incorporò nella sua celebrazione della gran festa cristiana la maggior parte dei rituali e usanze pagane del festival primaverile" (vol VII,p.859, sub voce 'primavera', Easter).

       

E' ora chiara l'evidenza: l'attuale abitudine della settimana santa non è di origine cristiana. Le sue usanze sono semplicemente una mescolanza di paganesimo e cristianità. Sono molti coloro che credono di potere usare queste abitudini per onorare Dio, ritenendo che, dopo tutto, si agisce pensando a Cristo e che, quindi, gli stessi rituali e credenze sono finalizzati alla sua vita, morte e risurrezione. In altre parole, in molti ritengono che possiamo prendere tutte queste idee e credenze pagane e, invece di applicarle ai falsi dei, usarle per dare gloria a Cristo.

 

A prima vista sembra un ottimo ragionamento, che non fa una grinza; però questa idea di aggiungere abitudini pagane al culto del vero Dio è assolutamente condannata dalle Sacre Scritture.

 

Infatti, dice l'Eterno Dio: "Guardati che talora, dopo che esse saranno state distrutte dinnanzi a te, tu non ti adoperi a ripeterle, e che tu non vada alla ricerca dei loro dei, dicendo:in che modo servivano questi popoli ai loro dei, così pure io farò così? Non farai così verso il Signore Dio tuo; perchè quei popoli hanno fatto verso i loro dei tutto ciò che è abominevole al Signore, e ciò che Egli odia; con ciò hanno bruciato col fuoco i loro figli e le loro figlie ai loro dei. State attenti di fare tutto ciò che vi comando ;non aggiungete nulla e non diminuitene nulla" (Dt 12: 20,32).

 

 

  • 7. Culto degli dei

 

Come già evidenziato, trattando il sistema religioso originato da Babilonia, ripeto ciò che ci hanno tramandato Erodoto e Bunsen: "Babilonia fu la matrice dalla quale proviene tutto il sistema mondiale di credenze" (Erodoto, Storie, p.109)23; il sistema religioso egizio derivò dall'Asia e "dall' impero primitivo di Babel".24

 

Il sistema religioso babilonico si sviluppò fino ad avere un pantheon di circa cinquemila dei e dee! Incredibile, ma vero, e soprattutto fonte di tutte le superstizioni che oggigiorno ci affliggono.

 

I Babilonesi, analogamente agli altri popoli antichi, credevano che i loro dei e dee erano stati eroi vissuti sulla terra, in tempi preistorici, e dopo la morte erano passati ad un livello superiore.25

 

La gente li pregava e, per onorarli, avevano dedicato ogni giorno ed ogni mese ad una divinità particolare, che in tal modo diventava anche protettrice del giorno e del mese. Alcuni di questi dei e dee erano associati a particolari periodi o eventi della vita, del lavoro, delle stagioni.

 

E' da qui, quindi, che queste credenze e rituali si disseminarono per tutta la terra, presso tutti i popoli, in tutte le civiltà. Ad esempio, i Buddisti cinesi continuano ad osservare un loro "culto a varie divinità, come la dea dei marinai, il dio  della guerra, gli dei di vari avvenimenti e occupazioni".

 

Quando Roma gradualmente conquistò buona parte del mondo,incorporò, come suo costume, i sistemi religiosi dei popoli sottomessi nel proprio pantheon religioso. Queste infiltrazioni consentirono di identificare le divinità romano-italiche con le sopraggiunte divinità dei diversi popoli conquistati, come fece Cesare con le divinità celtiche.26    

 

Anche il collegamento rituale delle divinità ai giorni,ai mesi,alle vicende della natura e dell'uomo,derivate da Babilonia,furono osservate dal sistema religioso romano.

 

E' ovvio che questa secolare e radicata cultura non poteva svanire da un momento all'altro sotto la spinta e gli effetti del Cristianesimo nascente.

 

All'epoca in cui questa setta eretica giudaica cercava di espandersi tra i popoli del bacino del Mediterraneo, anche altre dottrine perseguivano il medesimo disegno, prima tra tutte il Mitraismo,di provenienza babilonica, infiltrato tra i legionari romani. Un rappresentante di questa religione, Simon Mago, lo troviamo menzionato in Atti (8: 9,24).

 

Coloro che abbracciarono il primitivo Cristianesimo, al di fuori del Giudaismo, avevano praticato fino ad allora le credenze e i rituali delle divinità del composito pantheon romano.Non possiamo pretendere,a rigor di logica,che,dalla sera alla mattina,abbiano abbandonato le secolari tradizioni familiari.

 

Da tanti studi e ricerche serie, ma misconosciute e neglette,risulta,invece,che costoro continuarono a praticare i loro culti, sui quali furono sovrapposti quelli cristiani,creando così una mescolanza,un sincretismo,una ibrida commistione,di cui il cristianesimo non solo è impregnato,ma da cui è stato pesantemente condizionato nel suo successivo sviluppo.

 

Infatti,i nuovi adepti resistevano a lasciare le vecchie abitudini di permissività, di libertinaggio, di sacrifici,di voti,di doni alla divinità(incenso, fiori, lumi, offerte), come era consuetudine per i tanti dei e dee che popolavano i  diversi pantheon sparsi sul territorio dell'Impero romano e la sedicente chiesa cristiana diede nomi nuovi agli dei e alle dee,riconsacrò templi e basiliche e cominciò a sfornare dogmi sistematizzando la propria dottrina su un'impalcatura neoplatonica ed ellenistica per poter competere con la cultura in voga e con le Scuole di filosofia.Il magnifico regista di questa grandiosa operazione può essere considerato l'africano Agostino,vescovo di Ippona(oggi in Algeria).

 

Già prima che,per opportunità politica,cessassero le persecuzioni,la sedicente chiesa cristiana iniziò,a sua volta,una vasta e capillare azione di persecuzione nei confronti di coloro che non rispettavano le direttive emanate dall'alto.

 

A nulla valsero le rimostranze dei vescovi d'Asia: prima del vecchissimo Policarpo e poi di Policrate(recatisi anche a Roma dai vescovi romani dell'epoca),che seguivano la tradizione del Signore,tramandata dall'apostolo Giovanni.

 

Addirittura,risulta che il vescovo di Roma,Aniceto(poi beatificato!)nell'anno 155 voleva scomunicare il vecchio Vescovo Policarpo di Smirne (discepolo di Giovanni Evangelista),morto martire per la fede nel 167!),perchè seguiva la tradizione pasquale tramandatagli dal proprio Maestro. Solo l'intervento di Ireneo,Vescovo di Lione,scongiurò una tale tragicommedia,ma per poco,perchè la scomunica scattò qualche decennio più tardi, come infatti accadde,per Policrate,nel 195,ad opera del vescovo di Roma Vittore (anch'egli poi beatificato!).27

 

Questi sono i fatti.

       

  • 8. Culto dei santi

 

Il sistema cristiano-cattolico dei santi-patroni non è altro che una continuazione dell'antico sistema babilonico di dei e dee con stagioni, mesi e giorni a loro dedicati.Il calendario con i giorni scanditi dai cosiddetti santi e le celebrazioni liturgiche che riecheggiano le antiche ricorrenze babiloniche,egizie,greche, persiane,romano-italiche ne è la conferma.

 

Questo sistema di inventare santi, non previsti dalle Sacre Scritture in questo senso, fece si che nel X secolo si potessero annoverare nella "chiesa" già venticinquemila santi!28

 

La mescolanza di credenze e rituali di diverse religioni col cristianesimo fece riscontro l'ingresso delle immagini nella chiesa cristiana, sebbene severamente proibito dalla Sacre Scritture in diversi passi ed espressamente dai cosiddetti dieci comandamenti. Per non dare nell'occhio, però, i furbi sostituivano un nome simile di risonanza cristiana al vecchio dio pagano che andavano a rimpiazzare. Un capolavoro!.

       

Abbiamo così, per esempio, santa Vittoria al posto della antica dea della Vittoria(il cui tempio costituì un casus belli col Senato romano!);Ceron divenne san Cesarino;Artemis,la gran dea madre di Efeso(dove sorgeva il celebre Artemision,una delle sette meraviglie del mondo antico,di cui parla anche Atti 19:23,41)divenne sant'Artemide;il dio Dioniso divenne san Dionisio;Apollo sant'Apollinare,Marte san Martino29,da non confondere con S.Martino di Tours.

 

La dea germanica Birgit, considerata figlia del dio-sole, sempre rappresentata col bambino tra le braccia,fu semplicemente chiamata santa Brigida. Il suo tempio era a Kildare in Irlanda ed era curato da vergini che custodivano il fuoco sacro (proprio come le Vestali a Roma).

 

All'epoca del "passaggio" dal paganesimo al cristianesimo e della trasformazione del tempio di Kildare in convento,le vergini monache continuarono a custodire il fuoco sacro del rituale della dea, che venne denominato "fuoco di santa Brigida".

 

Che dire dell'antico tempio romano,chiamato Pantheon,dedicato a Giove e a tutti gli dei,come riportato sul portale?Esso fu riconsacrato da Bonifacio IV  "alla madre di Dio e a tutti i santi".

 

Un altro tempio pagano in Roma,precedentemente dedicato alla Bona Dea,fu cristianizzato e dedicato alla Vergine Maria.

 

In un luogo precedentemente dedicato ad Apollo ora esiste il tempio cristiano di sant'Apollinare;e dove prima c'era il tempio di Marte ora c'è la chiesa di san Martino.

                       

Da una Epistula ad Paulinum,scritta da Gerolamo,sappiamo che a Bethlem si mostrava,ai suoi tempi,una grotta in cui sarebbe nato Gesù Nazareno:è lo stesso sito dove poi è sorta la Cappella della Natività. Si tratta del luogo di nascita del dio pagano Tammuz (per il quale in precedenza era stato coniato il termine natività che non ha nulla di cristiano!),come indicava la tradizione,che si volle far dimenticare sovrapponendovi la tradizione della nascita di Gesù.

 

Troviamo la solita mescolanza di credenze e rituali perpetuata anche nelle statue:da immagini di dei pagani queste furono trasformate in immagini di santi cristianizzandole.

 

Il colmo si raggiunse con la celebre sedia o cattedra di san Pietro, che si credeva fatta costruire dallo stesso apostolo. Mentre la si puliva, nel 1662, apparvero le 12 fatiche di Ercole! Ma dobbiamo aspettare il luglio 1968, perchè Paolo VI dichiari che dalle indagini di una commissione scientifica, che aveva utilizzato il metodo del radiocarbonio 14, era emerso che nessuna parte della sedia era dell' età apostolica, ma tutt'al più la si poteva fare risalire al sec. IX!

       

Nel frattempo, però, per secoli, milioni di fedeli hanno baciato (fino a consumare un piede!), pregato, supplicato quell'idolo, che tale sarebbe rimasto, anche se avesse rappresentato realmente l'apostolo Pietro.

 

La statua del presunto s.Pietro venerata per secoli dai fedeli (da Woodrow,Babilonia,Misterio religioso,antiguo y moderno,p.120 e 136,

Evangelistic Association.Riveside,Palm Springs, CA,USA,1966,1981).

 

La pratica di baciare statue e di pregare rivolgendosi ad esse risale al cosiddetto paganesimo, condannato dalla Bibbia.

 

Ai tempi del profeta Elia in tanti avevano fatto la stessa cosa: "Ed io dice il Signore farò che restino in Israele 7000. Ogni ginocchio che non si è inginocchiato davanti a Baal e bocca che non lo ha baciato" (1 Re 19,18).

 

Inginocchiarsi e baciare un idolo era una parte del culto di Baal, una falsa divinità, talmente importante che in ebraico per dire "mio marito" si diceva "baalti", cioè "mio signore".

 

Così, ancora nel cosiddetto Antico Testamento, il popolo di Dio andò dietro ad altri dei, si fecero statue di vitelli d'oro, le adorarono e le baciarono: "E ora continuano a peccare, e si fanno delle statue col loro argento fuso,idoli di loro invenzione, che sono tutte opere di artefici. E di loro si dice: gli uomini che sacrificano, bàcino i vitelli" (Os 13:1,3).

 

Si ricorda che nel VI sec.a.C.fu portata in processione da Babilonia in Egitto una statua della gran dea madre Ishtar:questa pratica di processioni solenni di idoli era parte fondamentale dei rituali pagani e idolatrici in Grecia,Egitto,Messico e presso tanti altri popoli antichi meno conosciuti.

 

Nella Bibbia mai si parla di rituali del genere e mai Gesù Nazareno ha organizzato processioni o suggerito di fabbricarsi statue e di rivolgersi ad esse in preghiera.Anzi,l'insegnamento e il comportamento esemplare di Gesù è stato l'esatto contrario!

 

Ma Egli avvertì allora, e anche per il futuro ovviamente, che gli uomini erano, e sono, molto bravi ad osservare la propria tradizione, disattendendo gli insegnamenti del Padre(Mt 15:6,9;Mc 7:6,13),riecheggiando Isaia.

 

E' bene rammentare a coloro che ritengono di poco o nessun conto ciò che stiamo dicendo che la legge divina, enunciata nella Bibbia, dice: "Le sculture dei loro dei bruceranno nel fuoco, non desidererai e non prenderai per te l'argento che è su quelle affinchè tu non abbia ad essere preso da un laccio, perchè sono abominazione per il Signore Dio tuo" (Dt 7,25).

 

Altro che sostituire i nomi degli dei con nomi di santi e consacrare ex novo i templi!

 

Purtroppo nel sedicente cristianesimo si è creato il culto dei santi e delle immagini, disattendendo completamente una delle dieci parole: "Non ti farai scultura alcuna...".

 

Addirittura il cristianesimo ortodosso, quello dei popoli dell'Europa orientale, ha creato le icone e le ha perfino dogmatizzate:esiste una teologia delle icone, seguita da qualche cretino nostrano che vuole sembrare originale! Dottrine blasfeme perpetrate da vescovi, teologi,fedeli che hanno perso di vista il Creatore e rincorrono le evanescenti e illusorie opere create dall'uomo.

       

Un'ultima osservazione ci resta da puntualizzare,il cerchio o aureola che vediamo sovrapposto al capo di Cristo, della Vergine Maria e dei santi nelle raffigurazioni degli artisti.

 

Anche le raffigurazioni del Buddha presentano questo cerchio o aureola: si tratta di un'usanza babilonica continuata dall'Impero romano:infatti artisti e scultori dell'antica Babilonia raffiguravano i loro dei maggiori proprio con quel cerchio intorno alla testa. Basta andare a rivedersi i reperti archeologici assiro/ babilonesi riprodotti nei volumi di storia e di arte per rendersene conto.

 

I Romani, per esempio, rappresentavano Circe, la dea figlia del dio Sole, con un cerchio sulla testa.Dalla Roma pagana alla Roma papale il passo è stato molto breve.Così possiamo vedere la Vergine Maria,i santi e il Cristo col cerchio sulla testa.30

 

La devozione che gli antichi tributavano ai loro dei è stata travasata nel sedicente cristianesimo senza alcun discernimento.Si sono dichiarate sante decine di migliaia di persone,quando la Bibbia insegna che è santo ogni "vero" cristiano.

 

In nessuna parte della Sacra Scrittura sono fornite disposizioni per "dichiarare santo" qualcuno,eppure la chiesa di Roma in circa 20 secoli ha elaborato una complessa ed elaborata dottrina a questo proposito.

 

Nella Sacra Scrittura sono chiamati santi i vivi e non i morti.Per esempio,quando Paolo scrive agli Efesini,si rivolge ad essi così:"Ai santi e ai fedeli in Cristo Gesù che sono in Efeso" (Ef 1,1).

 

Nella Lettera ai Filippesi dice:"A tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi" (Fil 1,1).

 

Gli antichi cristiani della chiesa di Roma furono chiamati santi(Rm 1,7; 16,15),e così quelli di Corinto(1 Cor 1,24;2Cor 1,1).A rigor di logica scritturistica,se vogliamo che un santo preghi per noi,dobbiamo chiederlo ad un nostro fratello cristiano vivente e non rivolgerci a persone defunte!

 

Rivolgersi ai defunti è una forma di spiritismo,condannata ripetutamente dalla Bibbia come pratica demoniaca:"E se vi si dice:consultate quelli che evocano gli spiriti e gli indovini,quelli che sussurrano e bisbigliano,rispondete: un popolo non deve consultare il suo Dio?si rivolgerà ai morti invece che ai vivi?alla legge,alla testimonianza!Se il popolo non parla così,non vi sarà per lui alcuna aurora!"(Is 8:19,20).

 

Purtroppo molti recitano il Credo apostolico senza comprenderne il significato,quando dice:"Credo nella comunione dei santi",perchè erroneamente ritengono si tratti di coloro che sono dichiarati santi dalla chiesa,invece si tratta di tutti i veri cristiani, rinati in Gesù Cristo,conosciuti da Dio,non dagli uomini!

 

Purtroppo,il sistema invalso nel sedicente cristianesimo non ha nulla di biblico,ma tutto della civiltà e della dottrina babilonica.

 

 

  • 9. I GALLI E I CELTIdi Dibar Apartian,31(traduzione dal francese e note di Italo Zamprotta,autorizzato con lettere del 6 gennaio e 26 maggio 1988)

 

Non si può parlare di Druidismo senza avere prima chiaro il sitz im leben in cui si è sviluppato, cioè il contesto ambientale e vitale.

 

Innanzi tutto va ricordato quanto ci dice Caio Giulio Cesare (De Bello Gallico, VI, 13), che qui riporto:"In tutta la Gallia si onorano in particolare due classi di uomini, giacchè la plebe è appena considerata al rango degli schiavi...Di queste due classi, una è quella dei druidi, l'altra è quella degli equites. I primi vegliano sulle cose divine, si occupano dei sacrifici pubblici e privati, regolamentano ciò che concerne la religione. In gran numero i giovani vengono ad istruirsi presso di loro, e beneficiano di una grande considerazione. In effetti, sono essi a mettere fine a tutte le controversie, pubbliche e private, e quando un crimine sia stato commesso, quando vi sia stato un omicidio, quando si abbia contestazione a proposito di un'eredita o su questioni di confine, sono essi che decidono, che valutano i danni e che comminano le pene. Se un individuo o un popolo non accetta la loro decisione, essi interdicono tutti i sacrifici, castigo che, presso i Galli, sembra essere il più grave...Tutti questi druidi sono comandati da un capo unico che esercita su di essi la suprema autorità...I druidi hanno costume di non andare in guerra e di non pagare imposte, così come fanno gli altri Galli. Essi sono dispensati dal servizio militare e da ogni obbligo".32

 

Ma l'origine dei Celti e dei Galli rappresenta un grosso rompicaco per la quasi totalità degli storici.

 

Dottin33 dichiara francamente che la storia non sa nulla di preciso circa la data di arrivo dei Celti in Gallia, e constata che essi si erano mescolati con i Liguri al punto che si era creato un nome etnico speciale, il termine di Celtoliguri, per designare gli abitanti della regione che si estende da Marsiglia al Rodano e alle Alpi.

 

Solo alcuni storici sono d'accordo su ciò. La sola cosa che storici e archeologi possono dire con certezza è che i Celti, a un certo punto, hanno occupato l'intero territorio dell' Europa centrale, dai monti della Boemia al Baltico.

 

Quanto alla data esatta di questa occupazione le opinioni divergono.Alcuni parlano di tre o quattromila anni a.C.,altri precisano,con ragione,che la storia ignora tutto ciò che è successo a queste popolazioni prima dell' anno 500 a.C.

 

Scrive Régine Pernoud(Les Gaulois, pp.31-32):"I Celti non hanno ancora una storia propriamente detta;essi non formano un impero,ma una sorta d' aggregato di popoli che sembrano essere stati molto instabili".34

 

E ancora Rolleston:"Nessun geografo aveva utilizzato il termine celtico prima dell' anno 500 a.C.".35

 

Di conseguenza, il mondo sembra non conoscere, a proposito dei Galli, nessuna loro attività prima del loro arrivo in Gallia. Tutt'al più si ritiene che i Celti in precedenza avessero abitato la valle del Danubio per qualche tempo.

 

  1. La chiave del mistero?

 

Può darsi che riusciamo a trovare la chiave del mistero nella Bibbia,secondo le ricerche effettuate dal prof.Dibar Apartian e pubblicate in francese, nel 1961,dall' Ambassador University.

 

Gli insegnamenti storici celati nella Bibbia possono aiutarci, infatti,a svelare il mistero di questo popolo e,quindi,anche l'origine delle loro credenze e dei loro culti,del loro comportamento,anche se deviato,distorto,non più conforme agli insegnamenti divini.

 

Gli antichi si servivano del nome Celto,o Celtico,senza grande differenza,per quanto riguardava la lingua e la razza,per designare gli abitanti dei paesi situati a nord/ovest dell'Europa.Questo termine,nella storia dei popoli,era dunque geografico piuttosto che etnologico.

 

Ecco una delle ragioni per cui la storia si trova nella più fitta oscurità.Per di più, non si arriverà a svelare la verità sui Celti ancora per molto tempo fin tanto che gli storici non prenderanno in seria considerazione i dati forniti dalla Bibbia.

 

Soltanto dopo l'occupazione romana il termine Celti o Galli fu riservato agli abitanti della Gallia.Pertanto, se il nome di questi popoli cambiò in seguito alla occupazione romana,non ne furono alterati nè il loro nome nè la razza.

 

La testimonianza di Thierry (Histoire des Gaulois, Introduction, p.70), che collega i Cimbri ai Celti, è di notevole rilevanza storica: "E'  l'ultima di queste pietre che riallacciano i Cimmerii del Ponto Euxino ai Cimbri dello Jutland, ai Belgi della Gallia, ai Bretoni d'Albione, e ci conduce a riconoscere che in questo grande popolo risiedeva il nucleo della seconda delle razze galliche, e che il suo nome, tanto antico, tanto rinomato, così esteso, non era che il nome stesso di questa razza".36

 

Da un punto di vista generale,gli storici sono concordi nel riconoscere i tratti comuni ai due popoli, benchè ciascuno sembra esprimere sui dettagli un punto di vista più o meno divergente.

 

Hubert(Les Celtes depuis l'époque de la Tène et la civilisation celtique "La renaissance du livre,1932,Réedition Jean de Bonnot,2007, p.25) constata che "i Galli si davano il nome di Cimbri, mentre,secondo Flavio Giuseppe,è Gomer, figlio di Japhet,nipote di Noè,che sarebbe stato il padre dei Cimmerii,cioè dei Cimbri e dei Celti, da qui si conclude che una buona parte dell'umanità era uscita proprio dal mondo celtico".37

 

Secondo gli storici,che pretendono di accettare nello stesso tempo la veridicità della cronologia della storia biblica,l'errore comune consiste nella loro ostinazione,a volte incomprensibile,di voler ad ogni costo trovare traccia dell'origine dei popoli con l'aiuto di una semplice rassomiglianza o della similitudine dei loro nomi con nomi biblici!

 

Guidati da questo ragionamento, che diventa insostenibile se non corroborato da altri fattori,la maggior parte suppongono che i Cimmerii dovevano essere i discendenti di Gomer,perchè i due nomi si somigliano in maniera sorprendente.

 

Trarre tali conclusioni affrettate da dati tanto incompleti è senza giustificazione.

 

A un certo punto,i Cimmerii comprendevano discendenti di Gomer,come gli Sciti comprendevano discendenti della Casa d'Israele(attraverso le tribù dei Saka).Tuttavia,è totalmente sbagliato generalizzare.

 

Alcuni discendenti di Gomer si erano aggregati ai Cimmerii,dal momento che la Bibbia indica che Israele viveva tra i discendenti di Gomer.Il profeta Osea aveva ricevuto l'ordine divino di prendere per sè in moglie una prostituta,al fine di simbolizzare la relazione e lo stato adultero di Israele verso Dio!

 

La prostituta che il profeta Osea aveva sposato personificava Israele,e si chiamava Gomer(Os 1:2-3)!

 

Comunque sia,noi teniamo a ripetere che i Cimmerii d'Europa,nel loro insieme,non sono i discendenti di Gomer.

 

(A questo punto è d'obbligo rifarsi,seppure brevemente, ad alcuni momenti della storia di Israele,che acquistano enorme importanza ai fini della nostra trattazione.Bisogna ricordare che gli Israeliti,quelli del Regno del Nord,furono condotti in schiavitù dagli Assiri verso il 721a.C. intorno al Mar Caspio e al Mar Nero,col nome di Kimrri o Cymrri poco dopo troviamo in quella zona dei popoli nomadi. Bisogna ricordare che gli Assiri chiamavano gli Israeliti "Bit Khumry",cioè la "Casa di Omri",dal nome del generale Omri,che fu re di Israele,particolarmente distintosi per gli annalisti assiri.

 

Questo popolo rappresenta i famosi Cimmerii,di cui abbiamo già fatto cenno,che avevano gli stessi antenati dei "Sacae",presso gli Sciti,che fecero la loro apparizione nel nord-ovest dell'Europa,nelle Isole Britanniche e che portavano il nome di Sassoni(vedremo in seguito l'origine di questa denominazione).

 

Per chiarire definitivamente i rapporti che intercorrono tra questi termini bisogna partire da alcuni dati biblici.In Deuteronomio 3:12-16 leggiamo che Mosè,in conformità alle istruzioni ricevute da Dio,diede ai Rubeniti e ai Gaditi "il territorio di Aroer sul torrente dell' Arnon e la metà della montagna di Galaad con le sue città".

 

Nel I Libro di Cronache (5:3-10)leggiamo l'elenco dei discendenti di Ruben e di Gad e apprendiamo che una parte dei Rubeniti abitavano in Galaad vicino al fiume Eufrate perchè erano molto numerosi. Anche ai tempi di Gesù Nazareno le regioni al nord della Transgiordania (Galaad) si chiamavano ancora Gaulonitis,chiamate dagli Arabi Gaulan, cioè Golan.

 

Questo termine è alla base di Galli e Gallia e sappiamo che i Galli,all'inizio della loro penetrazione europea,erano conosciuti col nome di Cimmerii o Cimbri,gli stessi che i Greci chiamavano Kummeroi.Si tratta dello stesso termine col quale i popoli Celti chiamavano sé stessi.

 

In Les Origines Funck-Brentano dice:"Questo nome Celto, essi(cioè i Celti)se l'erano dato da sé stessi.Generalmente li si chiamava Galati.I Romani li chiamavano Galli"!38

 

Un'altra testimonianza è riportata dallo storico Hubert(prima citato)che riferisce, a sua volta,di averla rinvenuta nelle opere di Giacomo di Cardia. Hubert(p.31)ci dice che nel III secolo a.C. apparve questo nuovo nome di Galati,portato da un popolo che cercò di invadere la Macedonia e la Grecia,prima di stabilirsi in Asia Minore: si tratta degli stessi che venivano chiamati Kimroi.

 

Alcuni storici,pochi in verità,hanno cercato di collegare tra di loro questi termini.

 

Brentano dice:"Il nome dato alla popolazione celtica dei Galli,passando dalla forma tedesca Walah,si applica ai Valacchi,ai Valloni,ai Gallesi,ai Galli,che i Tedeschi chiamarono con un nome che è diventato sulle loro labbra un termine di disprezzo...Derivato ugualmente da Walah,i Gallesi...".

 

A sua volta,Jubainville(Les Premiers habitants de l'Europe,tome II,p. 420)dice che l'aggettivo è diventato in tedesco Welsch,che ha la stessa derivazione di Walah,Wealh o Gallia:"Gallo è lo stesso termine del vecchio nome tedesco Walah, Wales,nome inglese del paese del Galles, derivato da Wealh"39

 

Ma perchè questi popoli celti avrebbero adottato un nome germanico?La risposta che certi linguisti ci dànno è molto sorprendente e si armonizza con i fatti storici.

 

Pellouttier afferma che "Waller, Galler e Galli significa straniero o viaggiatore:egli aggiunge che questi popoli si erano dati questo nome perchè avevano dovuto lasciare il loro paese in seguito ad un volontario esilio!Sembra che i Celti...si diedero il nome di Waller o Galler per indicare con questa espressione che essi erano stati cacciati dalla loro antica dimora o che essi si erano volontariamente condannati all' esilio".40

 

Questa spiegazione,di fondamentale importanza,descrive con precisione proprio la condizione di Israele che,dopo aver rifiutato Dio,perse il diritto di chiamarsi con il nome che Dio gli aveva dato (Ez 39, 7).

 

Ma ciò che è ancora più degno di nota è il significato stesso del termine Scita, altro nome sotto il quale gli Israeliti erano conosciuti.In effetti, è strano constatare che la parola Scita,in lingua celtica,ha esattamente lo stesso significato che la parola celtica Gael,cioè straniero o viaggiatore.41

 

Dunque è evidente che i diversi nomi che gli Israeliti si erano dati,dopo la liberazione dalla cattività assira,significano più o meno tutti la stessa cosa, cioè una nazione in esilio,stranieri viaggiatori,forestieri in paesi stranieri.

 

In conclusione,possiamo dire che in ebraico (la lingua primitiva di questi popoli)la parola Golah è pronunciata Gau-lau.La prima è scritto che gli abitanti del Paese di Neftali,anzichè da Galaad e dalla Galilea,furono condotti prigionieri ("Golah")in Assiria.

 

Quale è il grado di parentela tra i Sassoni(a cui prima abbiamo fatto cenno)e gli Sciti?

 

Va ricordato che i Saka,gruppo degli Sciti,al loro arrivo in Europa occidentale,specialmente nelle Isole Britanniche,presero il nome generale di Sassoni.Come ci ricorda lo storico Turner:"Tra le diverse nazioni conosciute sotto il nome di Sciti,i Saka rappresentano gli antenati dei Sassoni...Questo fatto può essere affermato senza violare i cambiamenti della probabilità. Sakai-Suna o Figli di Saka è la stessa cosa di Sassoni."42

 

L'esatta derivazione del nome Saka o Sacae è da Isacco, patriarca di Israele.I nomi Sacae o Isacco hanno la stessa radice etimologica. Bisogna ricordare che l'ebraico biblico è senza vocali e,pertanto,i due nomi hanno la stessa pronuncia che si rifà alle sole consonanti s  k.

Sassoni o Sakai-Suna rappresentano dunque una variazione del termine Isaac's sons,cioè figli di Isacco.

 

La destinazione finale dei Cimbri (o Cimmerii) è uno dei fatti storici meglio definiti e non suscita la minima controversia.La storia ci asscicura che i Cimbri si spostarono verso l'Ovest e si stabilirono nel Paese del Galles (=Wales), in Gran Bretagna e in Francia.A partire dal IV sec.a.C. una nuova popolazione si diffuse in Gallia,che non arriva in massa, ma a piccole ondate d'invasione:gli invasori si chiamavano Cimbri o Cimmerii, da cui i Romani derivarono l'appellativo per identificarli.43

 

Lo storico Tierry44 ci dice che "due testimonianze storiche,che risalgono ai tempi di Alessandro Magno,attestano l'esistenza di un popolo chiamato Cimmerii o Cimbri sulle rive dell'Oceano settentrionale,nella penisola che porterà più tardi il nome di Jutland.I critici storici riconoscono l'identità dei termini Cimmerii e Cimbri conforme alle due differenti lingue da cui provenivano, il greco e il latino".

 

Anche lo storico e geografo Strabone, Plutarco e Diodoro Siculo lo confermano.

 

Ai nostri tempi una parte di questi popoli abita la Francia ed è quindi un fatto naturale che i Francesi siano i loro discendenti.

 

E' evidente che la lingua di partenza di queste popolazioni fu l'ebraico e ciò è sottolineato dall' Enciclopedia Britannica(sub voce: Celtic Literature), la quale afferma che i più antichi poemi di cui si abbia conoscenza in lingua celtica,specialmente il "Book of Dun Cow"(1100 d.C.),presentano linee di declamazione e ritmiche che somigliano molto ai versetti poetici dell'Antico Testamento, quindi sia dal punto di vista stilistico sia del vocabolario.

 

 

  1. 2. I DRUIDI: GIUDICI, MAESTRI E ADORATORI DI IDOLI

 

Quando Israele fu condotto in schiavitù dagli Assiri, la sua religione era già diventata completamente diversa da quella che JHWH Elhoim gli aveva dato attraverso Mosè. Essa differiva anche da quella che praticavano i Giudei al loro ritorno in Palestina (dopo la cattività neobabilonese).

 

La nuova e abominevole religione adottata da Israele si componeva di una strana mescolanza di culti pagani ed era grandemente influenzata da diverse credenze di nazioni limitrofe, soprattutto da quelle fenicie.

 

Presso i Celti la religione dipendeva principalmente dai Druidi. Si può anche dire che era una religione druidica, che si praticava non solo in Gran Bretagna, Irlanda e Gallia, ma ovunque i popoli celti si erano stabiliti.

 

Il sacerdozio druidico ne formava la testa, secondo quanto riferiscono antichi scrittori, con un potere e un prestigio senza uguali.

 

I Druidi occupavano una posizione eminente in seno alla società gallica. Pernoud dichiara: "I druidi...sono sacerdoti e sono le loro funzioni sacerdotali che assicurano il loro prestigio...Essi offrono sacrifici. Anche Plinio racconta il sacrificio di tori bianchi le cui corna non hanno ancora conosciuto il giogo, come completamento della famosa raccolta di vischio".45

 

Esaminando alcune indicazioni, si sarebbe già potuto stabilire una indiscutibile base di paragone tra la religione dei Celti e quella dell'antico Israele. Altri scrittori antichi e moderni corroborano le dichiarazioni della Pernoud e ne dànno più ampi dettagli. Per esempio, Zeller scrive "Essi passano per i più giusti degli uomini e sono gli arbitri delle controversie pubbliche e private. Particolarmente a loro era affidato il giudizio dei crimini di assassinio".46

 

Notate che tali giudizi, presso le nazioni pagane,erano sempre di competenza dei governanti civili o del capo di stato, come del resto si fa ancora oggi nella quasi totalità del mondo.

 

Questo parallelo sorprendente tra la pratica dei Druidi e quella del sacerdozio levitico è molto significativo, poichè JHWH Elhoim aveva dato le seguenti istruzioni al suo popolo: "Se una causa relativa a un assassinio, a una controversia, a una offesa ti sembra troppo difficile e fornisce materia di contestazione tra la tua gente...Tu andrai verso i Sacrificatori, i Leviti, ed essi ti faranno conoscere la sentenza" (Dt 17:8-11).

 

All'inizio l'antico Israele (compresa la tribù di Giuda) si conformava alla sentenza così resa e agiva secondo ciò che i Sacrificatori stabilivano.

 

Malgrado il fatto che i Giudei (la tribù di Giuda) finissero, a loro volta, coll'abbandonare la verità, questa consuetudine, esisteva ancora presso di loro anche all'epoca di Gesù Nazareno, che fu giudicato dal Sinedrio, il Collegio che comprendeva sacerdoti ed esperti della Legge.

 

I Druidi, proprio come i Leviti, erano agli ordini di un Gran Sacerdote, sebbene presso i Druidi la successione a questo posto non fosse necessariamente una questione di eredità. Questo modo d'agire non dovrebbe sorprenderci: infatti, Geroboamo aveva già abolito il sacerdozio levitico per sostituirlo con un altro gruppo, una parvenza di sacerdozio, che doveva obbedire agli ordini e ai desideri del re! (I Re,12.31).

 

Questo posto del capo supremo (l' "Arcidruido", presso i Druidi) corrispondeva a quello di "Sovrano sacrificatore" presso il sacerdozio levitico!

 

Un'altra caratteristica interessante presso i popoli celti riguarda l'insegnamento. I Druidi ne assumevano l'incarico. Erano loro che insegnavano e che educavano la gioventù. Gli storici ci tramandano che l'istruzione data dai Druidi era puramente orale.

 

Questa pratica era in vigore anche in Israele, e lo fu più tardi in particolare presso i Giudei, di cui la Torah, cioe la Legge, finì per costituire l'insegnamento religioso. Durante i secoli, nell'antico Israele, furono i Sacrificatori leviti che formarono i principali educatori componenti del corpo insegnante, come indica la Bibbia (Dt 31,9; 33,10; Ger 2,8; 18,18; Mal 2,6; II Cr 17,7; etc.).

 

Vi è da aggiungere che, secondo l'Enciclopedia giudaica, Filone, filosofo ellenista d'origine ebraica, chiamava la sinagoga "luogo di insegnamento".

 

I Druidi, proprio come i Leviti, dunque impartivano l'istruzione al popolo.

 

Un altro fatto curioso che si aggiunge all'elenco delle nostre comparazioni, tra Druidi e Leviti, è quello del servizio militare. Queste due categorie ne erano esenti. Inoltre risulta, dai dati storici, che non pagavano tasse, come invece spettava a tutti gli altri cittadini.47

 

L'esenzione dal servizio militare per i Leviti era stata dettata da JHWH Elhoim, che proibì loro di portare le armi. Abbiamo parecchi esempi nella Bibbia, specialmente nei Libro dei Numeri (Num 1:2-3; 47-49; etc.). Quando Mosè identificò coloro che potevano portare le armi, "i Leviti...non fecero parte dei prescelti".

 

 

  1. 3. I dolmen e il loro significato

 

Gli storici si sorprendono di non trovare tracce di templi tra i Druidi. Contrariamente alle altre nazioni che costruivano sovente dei templi per praticarvi i  loro culti, i Celti non ne costruivano. Infatti la religione dei Druidi proibiva la costruzione dei templi e la rappresentazione figurata degli dei!

 

Questo punto è di capitale importanza: tra tutte le nazioni del passato solo Israele aveva ricevuto il comandamento divino di "non farsi immagini scolpite nè rappresentazione di qualunque cosa che è in alto nei cieli".

 

I Druidi praticavano i loro culti all'aria aperta, sovente presso querce o megaliti innalzati, come i cromlech, dolmen o menhir. (Per l'etimologia va tenuto presente quanto segue:men = pietra, hir = lunga, menhir = pietra lunga; dol=tavola,men=pietra,dolmen= lastra di pietra;crom= tondo o cerchio,lech=blocco, cromlech=blocchi disposti in cerchio).Il famoso cerchio di pietre innalzate a Stonehenge(Gran Bretagna)è forse l'esempio di tempio all'aperto meglio conosciuto.

 

Stonehenge Circle

 

Questi megaliti, in numero superiore a 6800, che si trovano prevalentemente in Gran Bretagna, e i circa 200 cromlech (menhir raggruppati in cerchio, che si trovano soprattutto in Gran Bretagna), hanno costituito sempre un enigma per gli archeologi. Gli storici, infatti, sono incapaci di dire quando, come e perchè queste pietre furono erette. Alcuni, con una brillante logica, le attribuiscono alla pretesa "età della pietra" per la semplice ragione che si tratta di monumenti in pietra!

 

Malgrado la diversità di opinioni circa l'origine dei dolmen,gli archeologi ammettono tuttavia che queste pietre erette giocavano un ruolo di primo piano nelle cerimonie religiose dei Druidi.

 

Non è forse significativo che i monoliti eretti in Europa si trovano sempre nei luoghi dove i Celti erano o di passaggio o residenti in maniera più o meno permanente?

 

Infatti, questi monoliti disseminati lungo le strade ci consentono di stabilire l' itinerario che i Celti seguirono durante le loro migrazioni in Europa, dopo essersi affrancati dalla schiavitù degli Assiri.

 

Sappiamo che nessun dolmen esiste in Europa orientale, a est della Sassonia, ma li troviamo, seppure in numero modesto, in Crimea e nel Caucaso settentrionale, da dove essi sono stati trapiantati in Asia centrale e in India, sia dagli emigranti di origine israelita, che, in gruppi separati, si dirigevano verso questi luoghi, sia da genti che in precedenza avevano abitato presso le tribù israelite e che conoscevano anche i costumi e la cultura di queste tribù.

 

Per ritrovare la strada che gli Israeliti seguirono,all'epoca delle loro migrazioni in Europa occidentale, dobbiamo annotare su una carta le diverse località dove questi megaliti sono eretti, e riunirli con una linea diretta: prima dalla Palestina alla Persia, poi nella regione del Danubio passando per la Crimea, lungo la costa europea,verso il nord, andando fino alla Francia e in Gran Bretagna.

 

Per quanto sorprendente ciò possa sembrare a coloro che non conoscono la verità sull'identità dei Celti, queste pietre sono erette come testimonianza vivente delle parole che il profeta Geremia indirizzò a Israele, sotto l'ispirazione divina: "Innalza dei segni, sistema dei pali, fa' attenzione alla strada,al cammino che hai seguito...Ritorna, vergine d'Israele, ritorna in queste città che sono per te"(Ger 31,21).

 

Ma quale relazione potrebbe esserci tra questi pali e le tribù d'Israele? La risposta è nello stesso tempo evidente e sorprendente: questi monumenti costituiscono, in qualche modo, un segno di identità degli Israeliti. Essi fanno parte del loro costume e della loro cultura.

 

L'Enciclopedia giudaica a questo proposito scrive: "Il culto delle pietre sacre costituisce una delle più antiche forme di religione, ed era soprattutto diffuso presso i Semiti".48

 

Dopo avere aggiunto che i templi fenici contenevano anche tali pali chiamati "mazzeboth", l'Enciclopedia giudaica precisa: "Questi pali rappresentavano simbolicamente JHWH". Anche il profeta Osea avverte Israele dei terribili giorni futuri (Os 3,4; 10,12), quando essi saranno "senza statua" (mazzeboth), cioè privati del loro culto pubblico.

 

Quando gli Israeliti abbandonarono il culto di JHWH per darsi all'idolatria, queste pietre, che erano particolarmente scelte e tagliate per servire di indicazione, divennero oggetti di culto pagano, invitando a rendere un culto agli dei offrendo loro un rifugio!

 

"Ma Israele si rese colpevole adorando Baal; ecco perchè è perito. I figli di Israele perseverarono nel loro peccato e si fabbricarono idoli d'argento fuso di loro invenzione, opera di artigiani" (Os 13:1-2).

 

Uno degli esempi più sorprendenti, in materia di erezione di dolmen, ci è tramandato con la storia della famosa pietra che servì da guanciale a Giacobbe (Gen 28:11-22). Al risveglio Giacobbe la eresse come monumento, ci versò sopra dell'olio e disse: "Questa pietra che ho innalzata come moumento sarà la casa di Dio".

 

All'inizio gli Israeliti erigevano queste pietre per le più svariate ragioni.Per esempio, Giacobbe, in compagnia di suo suocero, Labano, ne eresse una per sigillare il loro patto d'amicizia (Gen 31,52). Più tardi ne sistemò un'altra sulla tomba di sua moglie Rachele (Gen 35,20).

 

Sul Sinai Mosè eresse 12 pietre una per ogni tribù di Israele, a testimonianza dell'antico Patto tra JHWH e Israele (Es 24,4,). Dopo la morte di Mosè, il suo successore Giosuè si mise alla testa degli Israeliti e, avendo attraversato il Giordano, "eresse 12 pietre che aveva preso dal Giordano" (Gs 4:9-20).

 

In effetti, la Bibbia è piena di questi esempi che si possono facilmente rinvenire e raggruppare, a computer, con l'aiuto del programmainformatico "Bible on line", disponibile in lingua inglese e italiana, con 600.000 paralleli traslitterati dei testi originali ebraici e greci.

 

Contrariamente agli Israeliti che, all'inizio, non praticavano il culto davanti a questi pietre, le nazioni limitrofe, specialmente i Cananei, si prosternavano davanti ad esse e le adoravano come loro dei.

 

Nondimeno, dopo aver conquistato il paese dei Cananei,gli Israeliti seguirono l'esempio pagano degli abitanti del paese. A dispetto degli ordini formali di Mosè in previsione della distruzione di questi altari abominevoli(Dt 12,3), e di non prosternarsi davanti ad essi (Lev 26,1), gli Israeliti si dedicarono alla pratica di questo culto e peccarono contro Dio.

 

Questo fu uno dei motivi per cui, in seguito,gli Isreliti, conformemente alla volontà di JHWJ Elhoim, furono condotti in schiavitù dagli Assiri (II Re, 17,10).

 

 

  1. 4. LA QUERCIA E LE ALTRE DIVINITA’ DEI GALLI

 

La quercia, per diversi motivi, probabilmente legati alla sua fertilità e longevità, sembra avere giocato un ruolo estremamente importante nella religione druidica. Secondo parecchi storici, essa formava anche una parte essenziale della religione dei Galli.

 

Potrebbe esserci una somiglianza di costumi tra l'antico Israele e i popoli celti, per quanto concerne la quercia?

 

Ricordiamoci che Israele fu punito per avere abbandonato i comandamenti di JHWH Elhoim e per aver seguito la via pagana delle altre nazioni.Di conseguenza, i costumi e le tradizioni che gli Israeliti introdussero in Europa, in quanto immigranti celti, non facevano parte della loro religione originale, quella contenuta nella Torah.

 

Al momento in cui gli Israeliti furono condotti in schiavitù dagli Assiri, la loro religione, come abbiamo visto dianzi, era diventata una mescolanza di credenze abominevoli, da cui trasparivano alcune vestigia delle loro credenze originarie ormai superate dal paganesimo.

 

Andiamo dunque di capire se l'antico Israele praticava anche i culti sotto la quercia come facevano i Galli.

 

Per strano che possa apparire, la Bibbia ce ne offre numerose testimonianze, ovviamente per coloro che la leggono e per coloro che vogliono saperla leggere!

 

E' così che Giosuè prese una grande pietra e la innalzò sotto la quercia "che era nel luogo consacrato a JHWH Elhoim" (Gs 24,26). E' sotto il terebinto (cioè la quercia) di Ofra (Gd 6:11, 19,20), che Gedeone ricevette il messaggio dell'angelo al fine di liberare Israele; in seguito egli offrì un sacrificio sotto la stessa quercia.

 

Sembra anche che fosse consuetudine, presso gli Israeliti, inumare qualche volta i morti sotto una particolare quercia (Gen 35,4; 1 Cr 10,12).

 

D'altra parte, le querce marcavano spesso il sito degli altari.A questo proposito, una delle accuse divine più severe contro questa adorazione pagana fu pronunciata contro Israele per bocca del profeta Ezechiele: "Quando i loro morti saranno in mezzo ai loro idoli, intorno agli altari, su ogni collina elevata, su tutte le cime delle montagne, sotto tutti gli alberi verdi, sotto ogni frondosa quercia, là essi offriranno profumi di odore gradevole a tutti i loro idoli" (Ez 6,13).

 

a chi era esattamente questo dio pagano che si faceva adorare sotto certe querce?

 

Nella sua opera, conosciuta sotto il nome di "La Farsaglia", Lucano, poeta latino nato a Cordova, menziona tre grandi dei che, presso i Galli, componevano una trinità, che formava una unità. Il simbolismo collettivo di questi tre dei era sovente rappresentato da una colonna di uguale altezza, innalzata su una base comune.       

 

I Galli li chiamavano: Teutates (il principale dio delle comunità), Taranis (il toro celeste), e Esus o Hesus (il dio della guerra al quale essi offrivano sacrifici umani).

 

Ricordiamoci che gli Israeliti, dopo avere abbracciato il paganesimo, tributarono anche un culto ai tori e alle vacche. Per esempio, Geroboamo fece sistemare delle vacche a Betel, e il popolo offrì sacrifici sull'altare (1Re 12: 28, 33).

 

Questo culto abominevole proseguiva ancora quando gli Israeliti furono condotti in schiavitù dagli Assiri. Il toro e la vacca, presso l'Israele diventato pagano, erano comunemente associati agli elementi celesti, proprio come presso i Galli!

 

Quanto a Esus, il dio della vita, gli etimologisti dicono che questo nome deriva da una radice ariana che significa "essere". Notate la somiglianza  di significato con JHWH, in ebraico, che è sinonimo di "Io sono".

 

All'inizio, malgrado l'uso dei simboli, la religione druidica non produceva immagini scolpite dei suoi dèi per adorarli. Questo strano fatto, però degno di nota, contrasta nettamente con i costumi delle nazioni limitrofe.

 

In altre parole, non c'è alcuna traccia di idolatria, nè di antropomorfismo nella religione celtica. Non una sola statua di dei c'è in Gallia precedente all'epoca romana, come ha notato Camille Jullian.49

 

Questa sorprendente constatazione, fatta da uno dei più quotati storici francesi, è senza alcun dubbio molto significativa, ed è confortata da altri storici celebri e stimati, specialmente da Courcelles-Seneuil, il quale scrive: "Una specie di rito sembra averlo proibito (cioè la rappresentazione delle loro divinità), perchè non è ad una mancanza di conoscenza artistica che bisogna attribuire questa carenza.50 (cfr. Les dieux gaulois, p.61).

 

  1. 5. Baal presso i due popoli

 

Chi era dunque il "principale dio" dei Galli, che si faceva adorare sotto le querce e intorno agli altari costruiti con pietre drizzate, questo dio tricefalo al quale venivano offerti sacrifici umani?

 

Il mondo non ignora la sua identità.Era il dio comune ai Caldei, agli Egizi, ai Fenici e ai Greci.51 Gli Israeliti paganizzati lo adoravano anche sotto i più svariati nomi, di cui il più conosciuto era Bel o Baal.

 

Qualsiasi studioso della Bibbia conosce il ruolo abominevole che Baal ha giocato in Israele. JHWH Elhoim castigò gli Israeliti perchè si erano rivolti verso Baal; e offrivano a questo idolo l'incenso, gli facevano statue di metallo fuso, gli innalzavano degli altari, e sacrificavano i loro stessi figli davanti a lui!

 

"Essi pensano di fare dimenticare il mio nome al mio popolo...come i loro padri hanno hanno dimenticato il mio nome per Baal", dichiara JHWH Elhoim (Ger 23,27).

 

Questo Baal, secondo gli storici, fu anche il fondatore del Druidismo.52

 

In altre parole, il Baalismo costituisce la religione dei Druidi. Baal infatti era considerato come la fonte di tutti i doni della natura; lo si faceva passare per la divinità delle festività e della terra, a cui le genti offrivano le loro primizie. Egli simbolizzava il benessere e la fertilità, in associazione con Astaroth.

 

Non resta che da paragonare le abominazioni commesse dai Galli con quelle degli Israeliti per stabilire il denominatore comune tra le due religioni.Per bocca di tutti i suoi profeti (Ger 7,9; 19,5,etc.), JHWH Elhoim non smise mai di condannare queste abominazioni.

 

E' dunque incontestabile che la religione dei Druidi era identica a quella degli Israeliti, che si erano distolti da JHWH Elhoim.I due popoli praticavano la medesima religione pagana, gli stessi riti, lo stesso culto.

 

Questa verità costituisce una delle prove più evidenti che stabiliscono che i popoli celti non sono altro che le dieci tribù d'Israele nella dispersione!

 

  1. 6. Riti e costumi presso i due popoli

 

Noi constatiamo che il Druidismo non era che una forma del Baalismo, che gli Israeliti, in tanto che popolo celtico, si portarono con sè in Europa, all'epoca delle loro migrazioni successive.

 

Le due religioni, avendo la stessa fonte di ispirazione, hanno pressapoco le stesse dottrine pagane, cioè teorie false ed erronee.

 

Ora noi cercheremo di esaminarne qualcuna per potere offrire una veloce comparazione tra le pratiche celtiche e quelle dell'antico Israele, perchè la verità, sebbene mascherata e snaturata, si possa tuttavia conoscere al di là del velo del paganesimo.

 

 

7.Castigo col fuoco e con l'acqua

 

L'immortalità dell'anima era una dottrina predominante sia presso i seguaci del Baalismo sia presso i popoli celti.

 

I Druidi "proclamano l'immortalità delle anime e quella del mondo, ciò che non impediva loro di credere che un giorno il fuoco e l'acqua prevarranno su tutto il resto".53

       

Notate che questa forma di castigo "col fuoco e con l'acqua" è peculiare degli Israeliti. I loro profeti li hanno sempre avvertiti del castigo divino che li giudicherà col fuoco.

 

E' così che scrive il profeta Isaia: "E' col fuoco che JHWH Elhoim esercita i suoi giudizi, è con la sua spada che castiga la carne" (Is 66,16).

 

Altrove, Malachia dichiara "Perchè ecco , arriva il giorno, ardente come una fornace. Tutti gli orgogliosi e tutti i perfidi diventeranno come paglia" (Mal 4,1).

 

Per quanto riguarda il castigo con l'acqua, chi è che non conosce la storia del Diluvio (Gn 7), e ciò che capitò a questo mondo vizioso i cui pensieri si rivolgevano quotidianamente al male?

 

  1. 8. La contraffazione delle Feste prescritte da JHWH Elhoim

 

Sebbene puniti e condotti in schiavitù, Israele non abbandonò mai le vie scelte e le sue pratiche pagane per le quali aveva subito il castigo divino. Dal cap. 17 del II Libro dei Re noi apprendiamo che i figli di Israele abbandonarono tutti i comandamenti di Dio, fecero due vacche di metallo fuso, si prosternarono davanti a idoli e servirono Baal.

 

JHWH Elhoim rivela anche che essi fecero passare i propri figli attraverso il fuoco - pratica che ritroviamo presso i Galli - e che si dedicarono alla divinazione e agli incantesimi.

 

Ogni anno, a maggio e a ottobre, i Druidi offrivano a Baal sacrifici umani con riti più o meno simili a quelli degli Israeliti.

 

Queste feste pagane, celebrate in primavera e in autunno, sembrano essere la contraffazione satanica delle Feste di JHWH Elhoim (Lev 23), specialmente della "Festa delle settimane", chiamata anche la "Festa delle primizie"  (epoca in cui gli Israeliti offrivano animali "in olocausto a JHWH Elhoim") e della "Festa dei tabernacoli", fissata all'inizio dell'autunno.

 

Infatti, c'è bisogno di una nuova schiavitù, questa volta sotto il giogo romano, perchè questi Israelo-Celti mettano fine alla loro abominevole religione pagana!

 

 

  1. 9. I Druidi Come calcolavano il tempo?

 

Rammentiamoci che i Druidi non hanno lasciato alcun scritto. Alcuni storici ritengono che la responsabilità spetta ai Galli che conoscevano la scrittura.54

 

La trasmissione dei costumi religiosi, per via orale, era una pratica assai corrente presso gli antichi. Tutto si faceva con l'aiuto di simboli, e i riti si trasmettevano per via orale da una generazione all'altra. Beninteso, non poteva accadere diversamente per quanto concerne il Baalismo, che non ci ha lasciato alcun scritto. Le sue pratiche ci sono pervenute attraverso le tradizioni e i costumi nazionali dei paesi che l'avevano adottato.

 

Ma come calcolavano il tempo i popoli celti? Come contavano i giorni, i mesi e gli anni? La risposta ora non mancherà di sorprenderci.

 

Per quanto riguarda i giorni, essi contavano dal tramonto del sole al tramonto del sole!

 

"I Galli, infatti, contavano i giorni dal numero delle notti", scrive Courcelles-Senueil.55 Giulio Cesare, che non ne comprendeva la ragione nè il significato, ridicolizzò questa usanza. I Romani, infatti, generalmente l'attribuivano alla religione pagana dei Celti. Comunque, va detto che nessun altra religione contava i giorni da una sera all'altra.

 

Dunque, da dove i Celti avrebbero appreso questa abitudine? Gli storici, dall'alto del loro immenso sapere, sono incapaci di spiegarselo, perchè non vogliono ammettere che questa usanza possa avere la sua origine dalla Bibbia! Se si fosse trattato di una questione di religione pagana, i Galli avrebbero contato i giorni dal sorgere del sole, come tutti gli altri popoli, e non da una sera all'altra.

 

No, questa usanza druidica non era d'origine pagana. I Galli l'avevano ereditata dai loro antenati, prima di essere condotti in schiavitù dagli Assiri. Questa usanza nazionale era basata sulle istruzioni originali che JHWH Elhoim aveva dato, in precedenza, ai figli di Israele che contavano i giorni "dalla sera...alla sera seguente... (Lev 23,32).

 

Del resto, i Giudei l'osservavano ancora al tempo di Gesù Cristo (Mt 27,57; Lc 23,54).

 

nto  ai mesi, è assai strano dover constatare che i Celti, secondo l'esempio degli Israeliti, li contavano secondo la luna, e non secondo il sole, come facevano i loro vicini.

 

Tuttavia, è bene precisare che esisteva una piccola differenza nella maniera di determinare i mesi. Intanto che gli Israeliti facevano iniziare i mesi con la luna nuova (I Sam 20:5,18, 24-27), i Celti, secondo Plinio, contavano a partire dal quinto giorno che seguiva la luna nuova.

 

Secondo alcuni storici, l'anno dei Celti iniziava in autunno, alla fine dei raccolti, come l'anno civile presso i Giudei e gli Israeliti.

 

10.Alcuni costumi sociali

 

Uno dei dei costumi dei Galli di cui parla Cesare era la loro strana abitudine di sistemare i loro figli presso famiglie rispettabili che provvedessero alla loro educazione.56

 

Questo interessante costume si praticava anche presso gli Israeliti, soprattutto tra le famiglie nobili del paese. Se ne trova un esempio nel Libro dei Giudici dove Ibstan, che aveva trenta figli (Gd 112,9), "maritò trenta ragazze, e fece venire per i suoi figli trenta ragazze da fuori".

 

Un altro esempio è quello di Achab, re di Israele, i cui settanta figli furono inviati da Jehu ai capi di Izreel, perchè tutta la discendenza di Achab era distrutta (II Re, 10:1,7). Qui, questa pratica aveva una duplice ragione d'essere.

 

Diciamo anche, a titolo di curiosità, che c'è una grande somiglianza tra la vita familiare dei Celti e quella degli Israeliti. Il padre era il capo della famiglia e godeva di una autorità poco conosciuta presso altri popoli. La moglie gli era sottomessa completamente e si prendeva cura esclusivamente delle faccende domestiche.

 

La società celtica, come quella degli Israeliti, si divideva in tribù, di cui ognuna custodiva i tratti nazionali e le sue caratteristiche particolari.57

 

Per concludere,  noi non dobbiamo ignorare la particolare usanza, divulgata tanto presso gli Israeliti che presso i Celti, relativa al diritto di riscatto della proprietà da parte del parente più vicino.

 

Nella Bibbia (Lev 25,25), se un fratello diventa povero e vende una parte della sua proprietà, colui che ha il dovere di riscatto - diversamente detto suo parente più vicino - verrà a riscattare ciò che ha venduto suo fratello.

 

Per quanto riguarda i Celti, la legge non era molto differente. Essi, infatti, avevano il diritto di riscattare in ogni momento la proprietà venduta da uno dei membri della famiglia.58

 

(Quanto precede,come già detto all'inizio, è la libera traduzione di alcuni passi di un lavoro in lingua francese, che rappresenta una ipotesi storico-scientifica meritevole di un'attenta considerazione e riflessione; quindi da non scartare aprioristicamente. Essa rivisita il racconto biblico reinterpretandolo, corroborato, in alcuni casi,  da antiche e insospettabili fonti extrabibliche.).

 

 

  1. I dieci comandamenti.

 

Nell' ambito della Sacra Scrittura, in particolare nel cosiddetto Antico Testamento, a cui noi facciamo riferimento, si parla sempre di "dieci parole", mai di comandamenti, o di "decalogo":

 

Quest' ultimo è termine d' uso che non appare nella Sacra Scrittura  e nemmeno nella Septuaginta, la versione greca detta dei LXX.

 

Pertanto, la designazione di decalogo è una traslitterazione di comodo, alquanto tardiva, che comincia ad affermarsi nella letteratura cristiana a partire dal II secolo d.C. ed entra nell' uso corrente in epoca più avanzata, grazie all' autorità di Agostino, vescovo di Ippona, benchè la suddivisione dei cosiddetti "comandamenti" operata da quest' ultimo non sia conforme al testo scritturistico, giacchè vengono unificati la I e la II delle "dieci parole", con esclusione della proibizione delle immagini, mentre viene sdoppiata l' ultima delle dieci parole, inventando un "comandamento" che non ha nulla a che vedere con le "dieci parole".

 

Questa doverosa premessa fa già intravedere, a chi vuol capire, come stiano le cose e quale possa essere il risultato finale della nostra indagine che si attiene ai fatti.

 

La denominazione biblica di ciò che noi chiamiamo "i 10 comandamenti" o "il decalogo" è letteralmente "dieci le parole", (in ebraico asereth addebarim), che troviamo enunciate in Esodo 20,1-17 e in Deuteronomio 5,6-21.Inoltre, in Esodo 34,14-26 ritroviamo una serie di forme molto simili al decalogo, chiamata cultuale.

 

 

Esodo 20:1,17

 

Καὶ ἐλάλησε Κύριος πάντας τοὺς λόγους τούτους λέγων·

 

2 ἐγώ εἰμι Κύριος ὁ Θεός σου, ὅστις ἐξήγαγόν σε ἐκ γῆς Αἰγύπτου, ἐξ οἴκου δουλείας.

3 οὐκ ἔσονταί σοι θεοὶἕτεροι πλὴν ἐμοῦ.

4 οὐ ποιήσεις σεαυτῷ εἴδωλον, οὐδὲ παντὸς ὁμοίωμα, ὅσα ἐν τῷ οὐρανῷἄνω καὶὅσα ἐν τῇ γῇ κάτω καὶὅσα ἐν τοῖς ὕδασιν ὑποκάτω τῆς γῆς.

5 οὐ προσκυνήσεις αὐτοῖς, οὐδὲ μὴ λατρεύσεις αὐτοῖς· ἐγὼ γάρ εἰμι Κύριος ὁ Θεός σου, Θεὸς ζηλωτής, ἀποδιδοὺς ἁμαρτίας πατέρων ἐπὶ τέκνα, ἕως τρίτης καὶ τετάρτης γενεᾶς τοῖς μισοῦσί με

6 καὶ ποιῶν ἔλεος εἰς χιλιάδας τοῖς ἀγαπῶσί με καὶ τοῖς φυλάσσουσι τὰ προστάγματά μου.

7 οὐ λήψει τὸὄνομα Κυρίου τοῦ Θεοῦ σου ἐπί ματαίῳ· οὐ γὰρ μὴ καθαρίσῃ Κύριος ὁ Θεός σου τὸν λαμβάνοντα τὸὄνομα αὐτοῦἐπὶ ματαίῳ.

8 μνήσθητι τὴν ἡμέρα τῶν σαββάτων ἁγιάζειν αὐτήν.

9 ἓξ ἡμέρας ἐργᾷ καὶ ποιήσεις πάντα τὰἔργα σου·

10 τῇ δὲἡμέρᾳ τῇἑβδόμῃ σάββατα Κυρίῳ τῷ Θεῷ σου· οὐ ποιήσεις ἐν αὐτῇ πᾶν ἔργον, σὺ καὶὁ υἱός σου καὶἡ θυγάτηρ σου, ὁ παῖς σου καὶἡ παιδίσκη σου, ὁβοῦς σου καὶ τὸὑποζύγιόν σου καὶ πᾶν κτῆνός σου καὶὁ προσήλυτος ὁ παροικῶν ἐν σοί.

11 ἐν γὰρ ἓξ ἡμέραις ἐποίησε Κύριος τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν καὶ τὴν θάλασσαν καὶ πάντα τὰἐν αὐτοῖς καὶ κατέπαυσε τῇἡμέρᾳ τῇἑβδόμῃ· διὰ τοῦτο εὐλόγησε Κύριος τὴν ἡμέραν τὴν ἑβδόμην καὶἡγίασεν αὐτήν.

12 τίμα τὸν πατέρα σου καὶ τὴν μητέρα σου, ἵνα εὖ σοι γένηται, καὶἵνα μακροχρόνιος γένῃἐπὶ τῆς γῆς τῆς ἀγαθῆς, ἧς Κύριος ὁ Θεός σου δίδωσί σοι.

13 οὐ μοιχεύσεις.

14 οὐ κλέψεις.

15 οὐ φονεύσεις.

16 οὐ ψευδομαρτυρήσεις κατὰ τοῦ πλησίον σου μαρτυρίαν ψευδῆ.

17 οὐκ ἐπιθυμήσεις τὴν γυναῖκα τοῦ πλησίον σου. οὐκ ἐπιθυμήσεις τὴν οἰκίαν τοῦ πλησίον σου οὔτε τὸν ἀγρὸν αὐτοῦ οὔτε τὸν παῖδα αὐτοῦ οὔτε τὴν παιδίσκην αὐτοῦ οὔτε τοῦ βοὸς αὐτοῦ οὔτε τοῦὑποζυγίου αὐτοῦ οὔτε παντὸς κτήνους αὐτοῦ οὔτε ὅσα τῷ πλησίον σου ἐστί.

 

 

Infine, ritroviamo ancora una serie di disposizioni affini in Esodo 23,14-19 e in Deuteronomio 27,15-26, quest' ultima, chiamata decalogo sichemita, è un insieme di maledizioni (in ebraico qelaloth), che presuppone una situazione storica: un' adunanza popolare per una grande cerimonia cultuale presso la città di Sichem, cerimonia chiamata dal Noth anfizionìa.59

 

10.1. La nascita delle "dieci parole"

 

Non disponiamo del testo primitivo delle dieci parole, chiamate dagli studiosi protodecalogo, ma possiamo affermare che nella loro forma attuale non sono riconducibili a Mosè e nemmeno ad una situazione di nomadismo, qual era quella in cui si trovavano gli Ebrei al momento della concessione.

 

Quindi, le attuali dieci parole sono certamente una rielaborazione e sistematizzione operata in seguito da un popolo che aveva acquisito perlomeno una organizzazione tribale sedentarizzandosi.

 

Secondo autorevoli studi  di ebraisti e biblisti, l' antenato delle attuali dieci parole potrebbero essere le vecchie disposizioni dei Keniti (o Qeniti), una frazione tribale dei Madianiti, presso i quali Mosè dimorò. Loro discendenti sono i Rekabiti, di cui parla Gr 35, che si stabilirono nella Giudea meridionale, secondo 1Sam 15,6, unendosi agli Ebrei.

 

Una simile tesi, da prendere in seria considerazione, fu avanzata da Harold H. Rowley nel 195160; tesi ripresa da J.J.Stamm nel 1959; e da G.Auzou nel 1975.

        

Del problema in Italia se ne interessò, circa quarant'anni fa, il noto biblista Enrico Galbiati con Il cosiddetto decalogo jahvista,che è un capitolo della sua tesi di dottorato in Scienze bibliche al Biblicum di Roma, discussa il 28 giugno 1954 e pubblicata nel 1956.

 

Tesi, quindi, da non scartare e da considerare seriamente anche per i risvolti che può fornire alla comprensione dell' evoluzione del pensiero e del comportamento ebraico in terra di Canaan fino alla vera e propria organizzazione statuale.

 

Secondo le notizie storiche in nostro possesso va rilevato che Mosè, il sacerdote egizio Osarsiph-Mose (come ci dicono le fonti extrabibliche: lo storico-sacerdote Manetone del III secolo a.C. e le posteriori notizie del filosofo ebreo-alessandrino Filone e degli storici greci Ecateo di Abdera e Strabone), andò in esilio nel deserto dove fu accolto dai Madianiti, presumibilmente monoteisti, visto che la stessa Bibbia parla del loro santuario e del monoteismo del loro capo.

 

Quindi, possiamo presumere che Mosè abbia completato la sua preparazione scientifica e teologica, di impronta egizia, presso questo popolo, nel cui santuario officiava proprio il sacerdote-pastore Jetro (un appellativo che sta per Eccellenza) che divenne suocero di Mosè, dopo il matrimonio di questi con sua figlia Zipporah.

 

Ovviamente questo bagaglio di concetti, vecchi e nuovi, (non dimentichiamo il culto monoteista di un secolo prima in Egitto, instaurato dal Faraone eretico, Ikhnaton, e da sua moglie, la principessa mitanna Taduhepa, poi chiamata Nefertiti, che Osarsiph-Mose certamente conosceva e può avere segretamente condiviso e abbracciato, da qui il suo esilio!) il legislatore cercò di trasmettere e inculcare nel popolo che si andava costituendo, e che poi diventerà il popolo ebreo.

 

Secondo il filosofo ebreo-alessandrino Filone (cfr. De Decalogo) il cosiddetto Decalogo è stato dato direttamente da Dio, come, aggiungiamo noi, le decisioni di equità erano state date direttamente dalla divinità ad Hammurabi cinque secoli prima!

 

Secondo lo storico ebreo Giuseppe Flavio (cfr. Antiquitates judaicae) la proclamazione delle "dieci parole" non è potuta avvenire diversamente: Dio ha parlato direttamente "affinchè la virtù di queste parole  non fosse alterata dal linguaggio umano...".

 

Anche per il Talmud ebraico Mosè non gioca alcun ruolo nella comunicazione del decalogo: la parola di dio esce direttamente dalla sua bocca (antropomorfismo) e raggiunge il popolo senza alcun intermediario.

 

E' bene ricordare, a questo punto, che il testo del decalogo è riportato, oltre che nelle versioni bibliche, anche dal Talmud e da Filone, con alcune varianti nella disposizione numerica dei comandamenti. Infine, c'è la versione agostiniana, sistemata poi definitivamente dal Concilio di Trento (1543-1563, sessione IV, canone XIX).

 

Ma quali sono le dieci parole, o norme rituali, contenute nel Patto?

 

Ripeto che ne esistono più versioni, ma la critica biblica è riuscita ad individuare il testo più antico, quello che ci riporta al tempo del clan pastorale, e costituisce il momento di passaggio dal nomadismo alla sedentarietà, ed è riprodotto nel cap.14 dell' Esodo. il libro che descrive la romanzesca fuga di Israele dall' Egitto, che non è riportata in alcun testo della storia egizia.

 

Ciò perchè si trattò della fuga di un gruppo insignificante di habiru (o hapiru), a cui si aggregarono altri gruppi beduini e di scontenti.

 

Ecco dunque, come doveva essere il testo delle dieci parole primitive:

 

1)    Non curverai la fronte davanti ad alcun dio straniero.

 

2)    Non ti costruirai nessun dio di metallo fuso.

 

3)   Osserverai sempre la festa degli azzimi, nel mese di Nisan (cioè marzo/aprile), in ricordo del tuo "passaggio" (il termine ebraico è pesah, trascritto in greco pascha e divenuto poi pasqua) nel deserto.

 

4)    Ogni primo nato è mio: riscatterai con un sacrificio ogni primo parto del bestiame, sia grosso sia minuto, e ogni primogenito tra i tuoi figli.

 

5)    Non comparirai mai dinanzi a me a mani vuote.

 

6)    Tre volte alll' anno tutti i tuoi maschi  visiteranno la faccia del Signore (le tre feste pastorali della primavera, estate e autunno).

 

7)    Non lascerai mai colare il sangue della mia vittima in presenza del pane fermentato (ricordo di vecchie proibizioni rituali, legate al carattere sacro del sangue e del lievito).

 

 

 

8)    Non rinvierai al mattino la consumazione della mia vittima pasquale (perchè non si esaurisca la carica magica che porta in sè ogni animale sacrificato alle potenze divine).

 

 

 

9)    Il fior fiore delle primizie del suolo lo porterai  alla Casa di JHWH.

 

10)  Non farai cuocere il capretto nel latte della madre sua(anche questa è una antica probizione rituale, che viene riportata, sotto forma magica, in una delle laminette orfiche scoperte nel 1879 in Magna Graecia, a Turi, oggi Terranova di Sibari in Calabria, e risalenti al VI secolo a.C.:"Capretto, sono caduto nel latte", cioè sto per diventare immortale.

 

Superata la fase nomadica, divenuti sedentari e agricoltori, gli Ebrei adottarono nuove forme di vita sociale, sulla base delle leggi della proprietà privata e di un' esperienza religiosa più rigida.

 

A questo periodo si ricollega il decalogo vero e proprio, che trasforma quasi tutte le norme più antiche, diventate ormai incomprensibili, e ne aggiunge delle altre, moralmente più elevate, anche se sempre nei limiti della società schiavistica.

 

10.2. Caratteristiche del decalogo

 

Il decalogo è stato sempre considerato una lex fundamentalis, intendendo con ciò una legge-base, atta a svolgere il ruolo di una legge primaria, di fronte alla quale tutte le altre non possono che apparire secondarie, conformandovisi.

 

Secondo gli studi e le ricerche del grande studioso tedesco Albrecht Alt61, la vita del popolo ebraico fu regolata da due tipi di diritto, appartenenti a due generi fondamentali e del tutto diversi: le formulazioni apodittiche e le formulazioni casuistiche.

 

Le formulazioni apodittiche (o diritto apodittico) indicano, in forma breve e incondizionata, una proibizione o un comandamento generale in stile imperativo, senza specificare le conseguenze dell' azione e comminare pene.

 

Queste proposizioni si rivolgono, in forma impersonale, a un tu: esse appaiono in forma negativa o positiva; tra esse quelle formulate negativamente sono di gran lunga le più ricorrenti nell' Antico Testamento.

 

Nelle frasi negative la negazione può essere espressa con al oppure con lo e l'imperfetto, come la maggior parte delle proposizioni del decalogo.

 

Le formulazioni casuistiche (o diritto casuistico), invece, configurano un caso pratico e specifico che viene introdotto con un se, a formulazione impersonale, e cita la pena prevista, con una vera e propria proposizione ipotetica, con apòdosi e pròtasi.

 

Fino a qualche decennio fa si è ritenuto che il genere apodittico fosse peculiare della cultura ebraica, ma non è così.

 

Infatti, si sono ritrovati modelli e paralleli di stile apodittico in Egitto, nei trattati hittiti, e in testi sumerici e babilonesi/assiri.

 

Su questo importante aspetto del problema ha gettato nuova luce E. Gerstemberger (cfr. Wesen und  herkunft des apodiktischen rechts, 1965), il quale è giunto alla conclusione che dietro queste proibizioni si debba cercare l' autorità di un' istituzione patriarcale e non statale o sacerdotale.Pertanto, questo autore è andato alla ricerca del sitz im leben (=ambiente vitale) di queste interdizioni sulla base di considerazioni di formgeschichte (=storia delle forme), individuando il luogo di origine della proibizione in una sfera individuale e privata, all' epoca del clan patriarcale e, quindi, precedente al periodo sedentario della realtà statuale organizzata.62

 

Questo lo si deduce dal fatto che in origine le proposizioni apodittiche sono espresse con l'imperfetto negativo (preceduto da lo) alla seconda persona singolare, mentre le proibizioni al plurale o alla terza persona singolare rappresentano, secondo recenti acquisizioni di filologia semitica e comparata, un' evoluzione posteriore di questa forma primitiva.

 

In questo modo, va ricordato, il comandamento non comporta limitazioni nel tempo, perchè - è risaputo - nell' imperfetto ebraico l' azione o lo stato indicato dal verbo continua a prodursi, mentre l' imperativo si usa propriamente per un' azione immediata.63

 

Perchè dieci parole e non un altro numero? Perchè il numero dieci doveva essere particolarmente adatto per l'apprendimento a memoria (metodo mnemotecnico della tradizione orale), grazie alla possibilità di poter contare sulle dita.

 

E' importante tenere conto delle osservazioni di due altri studiosi: il Fohrer, per indicare le proposizioni delle formulazioni apodittiche, ha usato un termine veramente felice:norme di vita e di condotta; il Wagner invece ritiene di dover distinguere un unico genere, quello delle proposizioni legislative, eliminando la distinzione tra apodittico e casuistico. 64

 

Potrebbe essere una soluzione al problema della suddivisione giuridico/legislativa posto da Alt in epoca precedente con minori materiali di studio a propria disposizione.

 

 

10.3. La redazione attuale delle dieci parole

 

        Dobbiamo, innanzi tutto, ricordarci del patto adamitico di Gn 17, 1-8, con cui Dio offrì ad Abramo, e alla sua discendenza, una nuova relazione di vita.

 

        Si trattò di una promessa, per di più legata alla sua discendenza, in cui venivano formulate delle condizioni.

 

        E' proprio con le dieci parole, col decalogo, che viene enunciato e formulato, in maniera chiara e perentoria, il Patto (la berith ebraica) tra Dio e il suo popolo.

 

        Le dieci parole sono indicative di quella condizione di santità a cui tutti dovranno attenersi perchè il popolo di Dio sia un popolo santo, cioè goy qadosh. Infatti, Lev 19 proprio questo dice:"Siate santi,perchè io,l'Eterno,vostro Dio,sono santo" (=Qedoshim tiheyu ki qadosh, ani JHWJ elohekhem).

 

 

        Quindi, il decalogo non è, e non avrebbe potuto essere, un semplice corpus juris, una collezione cioè di precetti legislativi, ma è lo spirito del Patto instauratosi tra Dio e gli uomini.

 

10.4. Le dieci parole nel Nuovo Testamento

 

Nel NT non si parla mai specificatamente delle dieci parole e, anzi, quando si parla di comandamenti si allude a tutti quelli che al tempo di Gesù Nazareno erano validi per i Giudei, cioè 613 tra precetti e divieti (suddivisi in 248 precetti, positivi, e 365 divieti, negativi), tutti ugualmente legittimi.

 

Dobbiamo però ricordare che le dieci parole valevano come compendio di tutta la Torah (cioè il complesso della Legge ebraica) e nel culto sinagogale del sabato avevano il loro posto fisso con una recita biquotidiana (durante la preghiera del mattino e della sera):quindi è davvero sorprendente  che le dieci parole non siano mai recitate nel NT come complesso a sé stante!

 

Va però rilevato che alcuni comandamenti del decalogo vengono citati da Gesù stesso nella sua risposta al giovane ricco che gli chiedeva che cosa fare per conseguire la vita eterna (Mc 10,17-22; Lc 18, 18).

 

Vi è poi la questione del comandamento più grande, richiesto da una scriba a Gesù, per il quale Gesù si rifà a Dt 6, 5 (il comandamento dell' amor di Dio) e a Lev 19, 18 (il comandamento dell' amore del prossimo): Mc 2,28-31; Mc 22, 33-40; Lc 10, 25-28).

 

Pertanto, possiamo dire che, pur annettendo importanza alle dieci parole, e osservandole, Gesù non ne fece il centro della sua morale e del suo insegnamento, perchè, come giustamente dirà Paolo (cfr. Rom 13,10):"L' amore è il compimento della legge".

       

Quindi, Gesù fece chiaramente capire che, mutati i tempi, la relazione con Dio non può e non deve essere regolata  legalisticamente, secondo dovere e obbligo.

 

Un esempio notevole, a questo proposito, ci viene offerto dalla provocatoria trasgressione di una delle dieci parole da parte dello stesso Gesù. Vedasi Mc 2,23-28; Mc 12, 1-8 e 9-14; Lc 6, 1-5 e 13, 10-17, passi relativi al comandamento del sabato così importante per i Giudei.

 

E' la comprensione e l' osservanza legalistica della volontà di Dio contro la quale polemizzano Gesù e, poi, i redattori dei Vangeli.

 

Ciò dimostra anche con quale libertà Gesù e le primitive comunità cristiane trattavano il tradizionale materiale delle dieci parole, in particolare, e i 613 precetti  della Torah, in generale, a differenza dei contemporanei Maestri Hillel e Schammaj!

 

10.5. La redazione delle dieci parole presso le chiese cristiane

 

Ovviamente anche le dieci parole, come la gran parte delle altre prescrizioni, hanno dovuto subire alcune modifiche, che ne alterano, però, profondamente il significato originario.

 

E' Agostino di Ippona, che, arbitrariamente, ha dato il via a quello che poi è divenuto l' assetto cristiano dei dieci comandamenti, per cui noi oggi ci troviamo di fronte alle dieci parole modificate in alcune parti.

 

Nella tradizione agostiniana scompare la proibizione delle immagini al secondo posto; scompare l'osservanza del sabato, sostituito da una generica e incomprensibile santificazione delle feste (non quelle indicate dalla Sacra Scrittura, si badi bene, ma quelle inventate dall' uomo!), che nulla ha, quindi, in comune con la parola originaria e, anzi, denota un chiaro inquinamento pagano: l'invenzione della dies dominica (=giorno del Signore!) è del IV secolo d.C. e di chiara istituzione pagana (nata dall'ibrido connubio impero/chiesa), tant'è vero che le chiese d' Asia vi si opposero strenuamente e i fautori dell'osservanza sabbatica furono perseguitati per lungo tempo dai loro stessi fratelli che si servivano del braccio secolare dell' Impero! (cfr. H.W. Armstrong, The mystery of the Ages, Pasadena, 1986)65. Inoltre,la settima parola diventa sesta e da un chiaro "non commettere adulterio" si approda a un generico e onnicomprensivo "non fornicare".

 

Quest' ultima dizione comprende un vasto campo d' azione, che ha consentito lo sviluppo anomalo di tutta la teologia/morale/sessuale cristiana in generale e cattolica in particolare, àuspici diversi grandi dottori della Chiesa, tra cui primeggia la figura dell' avvocato Alfonso Maria de' Liguori, con ampia dimostrazione di sessuofobie, infantilismo e turbe psicopatologiche che hanno condizionato nei secoli, e continuano a condizionare nell' educazione e nel comportamento, tante generazioni di osservanti, che si sono trascinati appresso incontrollati e incontrollabili complessi di colpa, veri e propri traumi da confessionale, a volte sfociati anche in azioni criminose in conseguenza dello stato di coercizione morale e fisica.

 

Infine, abbiamo lo sdoppiamento della decima parola, che è così servito a fare tornare i conti, inventando un duplicato del nuovo sesto comandamento, concentrando sulla donna (ritenuta per secoli, da padri e dottori della Chiesa, un vero e proprio letamaio, vas diaboli, senz'anima, ecc.) uno specifico peccato sessuale, frutto di insane passioni da parte di maschi repressi: "non desiderare la donna d'altri", che era stato invece previsto originariamente nella settima parola come "non commettere adulterio"!

 

Ora,finalmente, possiamo cominciare a passare in rassegna le dieci parole studiandone le radici e cercando di comprenderne le motivazioni, profonde e valide per ogni epoca e per ogni società, tenendo presente, per la traduzione, ciò che abbiamo accennato in precedenza, e cioè che la costruzione grammaticale ebraica lo+imperfetto va resa con il nostro futuro e non,come si è fatto per secoli e si continua a fare,con l'infinito (questa particolarità è stata ben spiegata dallo storico e biblista Gilberto Galbiati,cfr.Il decalogo,in Ricerche bibliche e religiose,p.9-68;Libera Facoltà Biblica Internazionale,Milano,1-2,1979).

 

Ciò spiega anche la perennità del cosiddetto decalogo e la sua indiscussa attualità.Infatti, questa costruzione è fatta secondo una precisa legge grammaticale ebraica, che non consente approssimazioni, ma, dando una forma più grave e perentoria, libera i comandamenti da qualsiasi vincolo e limitazione spazio/temporale!

 

10.6. Primo comandamento

 

Sono io, JHWH, il tuo Dio (in ebraico=Anokhi,JHWH,elohekha), non avrai altri dei davanti alla mia faccia".

 

Con questo primo comandamento il Dio unico si presenta all' uomo in tutta la sua maestà e unicità. Il popolo di Dio deve seguire la strada del monoteismo, a differenza dei vicini. Concezione, questa, di difficile acquisizione per un popolo nomade di beduini, attorniati da altri popoli politeisti.

 

Per arrivare al monoteismo si può passare attraverso la monolatria,  cioè la concezione che non nega l' esistenza di altre divinità pur tributando ad una sola il culto. Pertanto, il primo comandamento non costringe a negare altri dei (di cui in giro esistevano numerosi pantheon!), ma chiede che si rinneghino a favore dell' unico Dio.

 

Una traduzione più autentica di questo passo potrebbe essere:"Non ci siano per te altri dei".

 

Va anche ricordato che il termine JHWH appare per la prima volta in Gn 2,3, scritto con le lettere jod, he, vau, he.

 

 

10.7. Secondo comandamento

 

"Non ti farai alcun idolo nè immagine (=pesel)...".

 

Si tratta dell' antica proibizione delle immagini scolpite per raffigurare la divinità, tipico comportamento dei cosiddetti pagani. Altri tipi di immagini sono quelle fuse (=masseka) che presuppongono una certa cultura e capacità artigianali, mentre l' immagine scolpita si poteva realizzare più facilmente, anche nel deserto. Un esempio di immagine fusa è rappresentato dal famoso vitello d' oro del deserto (che, in realtà, era un toro, adorato dalle popolazioni della zona e di cui si ritiene sacerdote Aronne).La proibizione tende a impedire che il popolo conferisca potenza all' idolo, scambiandolo, nel tempo, con la divinità stessa.

 

10.8. Terzo comandamento

 

"Tu non prenderai il nome di JHWH, tuo Dio, per nulla...(cioè non userai invano il nome di Dio),poichè JHWH non lascerà impunito chi usa invano il suo nome"

 

Il termine tradotto "per nulla" e "invano" in ebraico è saw, che significa "magia malefica".

 

Secondo una penetrante interpretazione del Mowinckel (cfr. Le Decalogue, in Etudes d'Histoire et de Philosophie religeuse,Paris,1967),tale era in origine il significato del termine e, pertanto, possiamo concludere che il nome di Dio non va usato per divinazione e magia, nè a capriccio e arbitrio dell' uomo nè per maledizione.

 

10.9. Quarto comandamento

 

"Ricordati del giorno del sabato per santificarlo...".

 

Forse è la più importante delle dieci parole, a mio avviso. Il testo del decalogo samaritano dice:"Fa' attenzione circa il sabato..." oppure: "Tieni a mente il sabato...".Dio impone all' uomo, creato a sua immagine e secondo la sua somiglianza, di riposare e di non fare alcun lavoro di sabato, "perchè il settimo giorno è sabato per JHWH, tuo Dio", cioè giorno di riposo.

 

L' uomo, in cui agisce il nephesh per animarlo materialmente, ma in cui vi è anche la neshamah, cioè l' alito vitale che lo ricollega alla ruah Elohim (come l' atman al brahman nell' induismo), cioè lo Spirito di Dio, per dargli capacità mentale e intellettiva - a differenza delle bestie - deve osservare il riposo a somiglianza di JHWH suo creatore!

 

Comando stoltamente disatteso da quasi tutta l'umanità con la stessa stolta disobbedienza dei primi progenitori, che disattesero il fondamentale divieto ricevuto in gan eden di non mangiare il frutto di un certo albero, denominato della conoscenza del bene e del male: ovviamente simbolismo di una prova per saggiare il carattere umano. L'uomo opera le sue scelte senza tener conto di Dio, del piano divino per lui, lasciandosi quindi influenzare negativamente dal "principe delle potestà dell' aria"(Ef 2, 2).

 

Il termine sabato deriva dalla forma verbale ebraica "shabat" che signifca cessare, riposare.Va a questo punto rilevato che in ebraico solo il sabato ha un nome, mentre gli altri giorni sono designati da numeri:quindi si tratta, per il sabato, di un giorno speciale, del giorno per eccellenza, che il Creatore ha voluto appositamente separare dagli altri dedicandolo al riposo, non alla festa, come è stato malinteso. Infatti, etimologicamente santificare significa separare, quindi giorno separato, santificato, dedicato al Signore, che l' ha voluto per l' uomo come lo volle per se stesso chiamandolo yom qadosh (=giorno santo) come in seguito vorrà il suo popolo goy qadosh, cioè popolo santo.

 

Il sabato è quindi un segno distintivo del vero popolo di Dio,come lo fu la circoncisione,entrambi segni dell' appartenenza a JHWH.

 

Il riposo sabbatico, che viene ritenuto - erroneamente - di istituzione giudaica, è come partecipazione al riposo del Creatore. Primo sintomo terreno della partecipazione futura alla Famiglia divina, cioè il Regno.

 

Alcuni,per confondere le idee agli sprovveduti, cercano di fare derivare il termine sabato dal babilonese shabattu(=il giorno della festa della luna piena),ma ciò è completamente errato per il semplice fatto che gli Ebrei poterono apprendere il suddetto termine soltanto durante l' esilio babilonese, cioè dal 587 a.C. in avanti; mentre il termine shabat ebraico è preesistente e con altro significato, come abbiamo accertato. Inoltre, il termine babilonese ci porterebbe fuori strada. Piuttosto andrebbero attentamente considerati i misteriosi motivi per cui il cristianesimo ha cambiato la disposizione divina,con la scusa che il sabato è di osservanza giudaica, istituendo un giorno diverso per il cosiddetto riposo,cioè la domenica, che, come abbiamo già visto altrove, corrisponde ad usanze pagane, precisamente mitraiche, culto del dio Mitra, proprio di origine caldea, importato a Roma nel I secolo grazie ai legionari romani e al sacerdote samaritano Simone, detto Mago (della tribù sacerdotale dei Magi caldei!), incontrato e conosciuto anche dagli apostoli di Gesù Nazareno(At 8, 9-13; 18-24),del quale si sono poi molto astutamente impadronite le leggende,in modo da non destare soverchia attenzione negli studiosi!

 

Va notato che a Roma tale culto aveva il suo centro liturgico in "hortis vaticanis", proprio dove ora sorge la basilica di S.Pietro.66

 

10.11. Quinto comandamento

 

"Onora tuo padre e tua madre...".

Il decalogo sichemita (Dt 27, 15-26), che consiste in un insieme di maledizioni, come abbiamo avuto modo di ricordare all' inizio, riporta così:"Maledetto chi disonora il padre e la madre".L' autorità dei genitori è posta accanto a quella di JHWH.I genitori sono responsabili della trasmissione della tradizione e insegnano la volontà di Dio spronando alla sua osservanza.

 

Una penetrante osservazione è stata qui fatta da Van Oyren (cfr. Ethic des Alten Testament, Gutersloh, 1967), il quale, richiamandosi a Lutero, interpreta pensando che i genitori portano con sè un riflesso della gloria (in ebraico kabod, mentre onorare e rendere gloria si dice kabbed) di Dio.

 

10.12. Sesto comandamento

 

"Non assassinerai".

La maggior parte degli studiosi erroneamente traducono "non uccidere", non tenendo conto del fatto che il verbo usato in ebraico è rasah, che è assai raro e, fuori della terminologia giuridica, indica una "azione violenta che provoca la morte della vittima, sottolineando spesso la caratteristica particolare della mancanza di difesa"67. Quindi si tratta di un vero e proprio omicidio (un reato), non di semplice uccisione: quest'ultima potrebbe implicare anche uccisione di animali o di nemici per motivi di guerra o di avversari per legittima difesa.

 

10.13. Settimo comandamento

 

"Non commetterai adulterio".

 

Il verbo ebraico usato è na' af, che significa infrangere il matrimonio. Quindi na' af indica la violazione del matrimonio da parte dell' uomo e della donna, con una distinzione, però:l' uomo viola sempre il matrimonio altrui, la donna, invece, il proprio. Si tratta di una violazione del possesso e della sfera giuridica di un altro uomo, giacchè la donna faceva parte dei beni dell'uomo nel senso più vasto. Inoltre, il diritto di divorzio spettava solo all'uomo leso nei suoi interessi e non alla donna.

 

Infine, quel che più importa e che in tutti gli ordinamenti sociali e familiari di tipo patriarcale l' uomo voleva avere la garanzia del marchio di fabbrica, cioè che quelli che si ritenevano suoi discendenti fossero effettivamente frutto dei suoi lombi. Questo marchio di qualità glielo poteva dare solo la fedeltà sessuale della moglie! Ciò che noi, invece, intendiamo con "non fornicare" (in ebraico si dice "zanah" ) non è previsto nelle dieci parole, ma da una lunga serie di proibizioni, riportate da Lev 18 e costituite unicamente da comandamenti regolanti la vita e la condotta sessuale dell' individuo. E ancora: nel cosiddetto decalogo sichemita sono contemplati ben quattro casi di rapporti sessuali maledetti, senza considerare l' adulterio.

 

Poichè, però, in ebraico il termine "prostituta o meretrice" è reso con zonah, che ha la stessa radice di zanah, è mia personale convinzione, non riscontrata presso alcun studioso, che "non fornicare" fosse sinonimo  di "non avere rapporti sessuali con prostitute": anche questa può essere un'ipotesi di lavoro da considerare.68

 

10.14. Ottavo comandamento

 

"Non ruberai".

Il termine ebraico usato nelle dieci parole è ganab, generalmente inteso nell' AT per indicare diversi tipi di furto e rapina. Così nel racconto di Giuseppe (preso da un romanzo egizio), venduto dai fratelli, troviamo ganab (=rapito).

 

E lo spirito di questo comandamento dovette rifarsi al rapimento di un uomo più che al semplice furto. Confrontando col Codice di Hammurabi, citato in precedenza, notiamo che anticamente per questo reato i popoli mesopotamici comminavano la morte. Più tardi la mutilazione e poi si fissò un indennizzo69.

 

10.14. Nono comandamento

 

"Non risponderai contro il tuo prossimo con una falsa testimonianza"

 

In ebraico abbiamo il verbo ana be che significa rispondere a oppure deporre contro. Nel Codice di Hammurabi questa disposizione occupa un posto notevole (cfr. R.Haase, op.cit.):infatti, un' accusa falsa e giudici iniqui sono il mezzo migliore per privare un uomo dell' onore, della vita e della proprietà.Si tratta pertanto non di banali bugie quotidiane, ma dell' accertamento della verità nella procedura giudiziaria pubblica, dell' amministrazione della giustizia, che rappresenta uno dei quattro grandi diritti che rendevano gli Ebrei cittadini a pieno titolo (matrimonio, culto, guerra e amministrazione della giustizia).Quindi se ne può dedurre l' importanza capitale.

 

10.16. Decimo comandamento

 

"Non bramerai la casa del tuo prossimo, la moglie, l' asino...".

 

Si tratta della proibizione del desiderio. Infatti, il comandamento è espresso dal verbo ebraico hamad che indica desiderare includendovi però tutte le macchinazioni messe in opera per impossessarsi di quanto desiderato.Quindi il senso originario di questo ultimo comandamento potrebbe essere questo:"Non intraprenderai nulla per impossessarti della casa (cioè tutti i beni) del tuo prossimo". Questo comandamento ha due momenti importanti:il primo riguarda la completezza dell' ebreo come cittadino libero ed erede di un fondo che ne stabiliva anche la posizione sociale. Infatti, solo un cittadino libero è nella condizione giuridica di acquisire un tale possesso e, quindi, la casa, il fondo è la proprietà di un israelita come tale.Il secondo momento, di più alto valore morale, è rappresentato dal fatto che è JHWH  che dona la terra ("giacchè mia è la terra e voi siete forestieri e ospiti miei" dice Lev 25, 23), e quindi il popolo, e per esso i suoi singoli componenti, è partecipe di questo dono della terra un giorno promessa, che prova anche l' appartenenza a JHWH.70

 

Infine, va ricordato che il significato primitivo di "hamad" era "gettare l' occhio addosso", ed è anche probabile che ci si sia voluti riferire alla pratica del malocchio:lanciare cioè il malaugurio sulla altrui proprietà, indebitamente desiderata, e trasferirla in proprio potere attraverso l' azione magica della stregoneria!71

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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Shungell-Straumann, H.,   Decalogo e comandamenti di Dio,tr.it. Paideia, Brescia,1973 (Biblioteca Italo Zamprotta)

 

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Soggin, J.A.,Storia d' Israele,Paideia, Brescia,1984 (Biblioteca Italo Zamprotta)

 

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Rendtorff, R.,Introduzione all' Antico Testamento,tr. it. Claudiana, Torino,1988 (Biblioteca Italo Zamprotta)

 

 


  1. Le sette espressioni “Io sono” del Vangelo di Giovanni

 

 

L'espressione fondamentale,riportata da Giovanni,a cui è necessario fare riferimento è quella di 8,58, che dice: "Prima che Abraamo fosse, io sono".

 

In tal modo Gesù Nazareno si ricollega all'affermazione veterotestamenta- ria "Io sono" contenuta in Esodo (3,14).

 

E' da questa che dipendono le sette espressioni, che noi ora andremo ad esaminare.

 

L' uso del pronome personale"Io"è una caratteristica unica del Vangelo di Giovanni, mediante la quale egli vuole mettere in risalto la cristicità di Gesù Nazareno. Il pronome ricorre più volte in Giovanni di quanto non sia usato complessivamente dai Vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca).

 

Giovanni ricorre spesso a tale pronome quando cita le parole di Gesù Nazareno,facendo in tal modo concentrare l'attenzione sulla missione cristica, sulla entità Cristo (cioè l'Unto, Colui che è stato incaricato di una missione unica, proprio perchè Egli stesso Unico).

 

Questo uso tanto frequente e così peculiare del pronome "Io" ha indotto gli studiosi a porre la loro attenzione sull' argomento, denominandolo "le sette espressioni 'Io sono' di Gesù".

 

Ognuna delle sette affermazioni riguarda una peculiarità del carattere del Cristo, specialmente nel suo rapporto con gli esseri umani: sono dei chiarimenti che ci vengono gratuitamente forniti, nel messaggio, e fanno luce sulle relazioni intercorrenti tra l'essere divino e l'essere umano,relazioni sconosciute fino a quel momento, perchè ancora non si era stabilito il Nuovo Patto e la Rivelazione divina, avendo messo le tende tra noi,andava ancora dispiegandosi al genere umano.

 

NellaTavola A, riportata in Appendice, sono rappresentate ed elencate queste sette espressioni/affermazioni del Cristo, presentate come metafore con il loro probabile significato. Dico probabile, perchè lungi dalla presunzione degli "studiosi", scopro ogni giorno sempre nuovi e reconditi significati della Sacra Scrittura, che non si esauriscono mai, perchè, essendo Parola di Dio, sono dinamici ed evolutivi e non statici e cristallizzati come, purtroppo,i cosiddetti studiosi e i predicatori loro seguaci li hanno fatti diventare nel tempo.

 

Il quadro precedente è abbastanza esplicito:chi si dichiara in tal modo dimostra chiaramente di essere qualcuno diverso da noi esseri umani, genere umano, qualcuno superiore, in grado di aiutarci nella nostra evoluzione, nel nostro perfezionamento, nella nostra elevazione spirituale in questa fase materiale.

 

Questa stessa Entità si era già manifestata in precedenza,ma solo pochi, pochissimi sono stati in grado di stabilire un rapporto con Essa. Rapporto proficuo e vantaggioso per il genere umano, stabilito sempre con un Patto, progressivamente migliorato,perchè questa Entità opera a gradi e non usa la bacchetta magica per fare tutto istantaneamente.

 

Le precedenti manifestazioni, non pienamente chiarite dalle Sacre Scritture ebraico-cristiane (probabilmente perchè così doveva essere),si riferiscono a relazioni pattizie, che, dai nomi dei contraenti così possiamo denominare: (Patto) adamitico (con l'Adam originario, cioè il Terrestre), noaico (con Noè), abramitico (con Abraham), mosaico (con Mosè).

 

Il primo Patto fu stipulato con il genere umano,appena evolutosi dalla fase di ominizzazione; il secondo con il genere umano sopravvissuto alla calamità del diluvio; il terzo con un uomo prescelto per un Piano che doveva svolgersi durante tutto l'arco di tempo di questa era(=αἰών)umana,addirittura con un cambiamento di nome (e sappiamo quale importanza ha il nome di una persona!); il quarto con un uomo che doveva capeggiare un ristretto gruppo (rispetto alla globalità del genere umano) per iniziare un discorso di educazione (nel senso greco di paideia) che doveva gradualmente estendersi a tutto il genere umano.

 

Infine, il Nuovo Patto,attuato da questa Entità stessa in persona,che è venuta a sanzionarlo dando compimento ai comandamenti che aveva in precedenza trasmesso, dichiarandone la perenne attualità.

 

E' in questo quadro, semplice e composito allo stesso tempo,che le affermazioni contenute nelle sette espressioni, di cui alla Tavola finale, vanno a collocarsi per avere la loro piena validità, efficacia e significato.

 

Ritorniamo ora da dove siamo partiti, cioè Gv 8,58, che ci richiama alla mente Es 3,14: si tratta di un inequivocabile reciproco riscontro e verifica della natura non umana del Cristo, capace di azioni e comportamenti mirabili e prodigiosi, ma a volte anche incomprensibili per gli umani, i terrestri.

 

Se analizziamo attentamente le sette espressioni,notiamo che non è tanto la grammatica a provare la diversità del Cristo rispetto a noi, quanto il significato delle affermazioni.

 

Infatti, chi a questo mondo è capace di "sostentarci, illuminarci la via, introdurci alla vita, prendersi cura di noi,tenerci in vita, guidarci, renderci produttivi"? Certamente non un altro uomo nè una istituzione sociale, che, tutt'al più, possono fare soltanto qualcuna di queste cose,e soltanto sotto l'aspetto squisitamente materiale.

 

E la Sacra Scrittura, che spiega tutto,e innanzi tutto sè stessa,ci ricorda: "Guai all'uomo che confida nell'uomo" (Sl 118, 8; Ger 17,5).

           

Infatti,chi a questo mondo può dare la vita?Gli uomini tutt'al più sono bravi a toglierla, a distruggerla:in ciò sono dei grandi maestri, come hanno imparato dal loro vero padre. Quindi, è pacifico che l'aiuto dobbiamo aspettarcelo da altra fonte, da altra Persona.

       

Per esprimere l'affermazione della propria diversità rispetto all'uomo il Cristo si è espresso con una voce verbale greca, Εγώ εἶμι, prima persona del presente indicativo del verbo essere, che ha in sè soprattutto l'accezione dell'Esistente, dell' Ente supremo,causa sui,che è quindi la vita stessa e dispensatore di vita a sua volta.

 

La Septuaginta, traduzione greca delle Sacre Scritture ebraiche, conosciuta anche da Gesù Nazareno perchè del III secolo a.C., rende l'espressione "Io sono" con  "ὁ ὤν, cioè con il presente del participio dello stesso verbo, preceduto dall' articolo, che sta proprio a significare quanto prima evidenziato, cioè L' Esistente, L' Ente.

 

Si tratta della stessa espressione di Esodo 3,14, che in ebraico suona "Jhwh asher Jhwh" , cioè "Io sono colui che sono" ovvero "Io sono colui che è", meglio ancora "Io sono l' Esistente", cioè l'essenza della stessa vita.

 

(Mi fa piacere poter qui ricordare Mons.Giuseppe Morelli,docente di Lingue bibliche e Sacra Scrittura,mio insigne e venerato Maestro,quando, verso la fine degli anni '30,ancora studente di Teologia, a Napoli,sebbene più giovane,già assistente dei suoi confratelli più avanti negli studi filosofici e teologici, che compose un insuperabile lavoro (De Dei Ente et Essentia), valutato con la massima lode dal docente che lo aveva proposto come tema(il prof. Pietro Parente, Preside e Docente di Teologia dogmatica e morale, poi docente della Lateranense a Roma e infine Cardinale).

 

E pensare che ancora in molti disquisiscono sulla cosiddetta "divinità" del Cristo: "si è dichiarato Dio, non si è dichiarato...ecc.". Queste persone nulla hanno capito, anche se si fregiano di numerosi titoli accademici e risultano autori di migliaia di pagine: sono dei vanagloriosi, che farebbero bene a meditare attentamente le pagine del Qohelet.

 

La cristicitàè cosmica. Cristo è cosmico, e rappresenta un modello da imitare: Egli è il primo di molti fratelli, che è andato a preparare un posto per i fratelli nella casa del Padre suo; posto che sarà occupato quando i fratelli saranno degni di occuparlo, avendo raggiunto il rango di figli di Dio, cioè terrestri spiritualizzati, che hanno superato la fase umana e possono essere proiettati in una diversa e superiore dimensione di vita.

  

E' solo dal Vangelo di Giovanni che si possono ricavare questi concetti e pervenire a certe "scoperte" che costituiscono un punto di incontro e un legame con altre dottrine diverse da quella ebraico-cristiana.  

 

Quella semplice legge era stata data all'Adam, ripetuta a Noè,indicata ad Abraham, confermata a Mosè, addirittura con tavole incise,come era d'uso nelle civiltà mesopotamiche, e poi dimostrata con una intera vita vissuta "mettendo le tende tra di noi": si tratta di una legge universale, cosmica, cristica, valida sempre e comunque, in tutte le ere terrestri e cosmiche, e che va osservata pena l'involuzione e il degrado spirituale."Mettendo le tende tra di noi":questa felice traduzione fu opportunamente ricordata da mons.Massimo Giustetti,teologo, Vescovo di Biella,nel corso della prolusione all'anno accademico 1988-89 dell'Università popolare di Biella,in cui trattò il tema "Chiesa e società". 

 

Ma oltre all'Esodo ci sono altri precisi riferimenti anche in altri passi veterotestamentari, che si riferiscono a "Io sono",come,ad esempio, Isaia (41,4;43,3; 51,12)e Ezechiele (13:4,7,9), che in ebraico suonano "Ani JHWH", tradotto "egw eimi" nella Septuaginta.

 

Non così, invece,in Dt 32,39 e Is 52,6, dove l'egw eimiassume il significato di "sono io" (in ebraico "ani hu").

 

Le affermazioni considerate manifestazione dell'Entità divina ai terrestri sono dette "epifaniche", cioè "manifestative" della esistenza e presenza dell'entità superiore e diversarispetto al genere umano.

 

Lo stesso concetto lo troviamo nell'Induismo, quando parla di "avathara", cioè discesa, incarnazione, manifestazione (=epifania) della divinità in terra tra gli uomini.

 

Del resto, quando leggiamo Gv 11, 25:"Io sono la resurrezione", non la consideriamo, un'autoproclamazione divina? perchè sappiamo che solo Dio è padrone della vita e può fare risorgere i morti.

 

Validi studiosi ritengono, purtroppo, che Gesù Nazareno non sia mai stato chiaro ai suoi discepoli circa la propria reale identità e che solo al momento del processo si sia rivelato.

 

Purtroppo costoro sono nell'errore, perchè dimostrano di non voler conoscere, di non voler sapere, e continuano a ripetere sciocchezze che inculcano negli adepti delle loro chiese.

 

Nel Vangelo di Giovanni, leggendo i passi che ho riportato nella Tavola A, è facilmente comprensibile la reale identità di Gesù Nazareno: Egli è il Cristo incarnato preconizzato da Mosè prima che lasciasse questa terra (Dt 18, 15-19) e nessun studioso può cambiare la Parola di Dio, a meno che chi vuole investigarLa non si fidi unicamente delle parole degli uomini. Ma noi sappiamo che non bisogna confidare nell'uomo (Sl 118, 8; Ger 17, 5) e, quindi, dobbiamo "investigare le scritture", come ci è stato raccomandato di fare non solo dallo stesso Giovanni (5,39), ma anche da Luca (16,29)e da Atti (17,11): questi richiami si ricollegano, ancora una volta,come continuità di Parola rivelata, alla Sacra Scrittura veterotestamentaria (Is 8, 20)

 

E' esemplare l'epifania di Gesù Nazareno alla Samaritana(Gv 4, 25-26): "La donna gli disse:io so che il Messia deve venire;quando sarà venuto ci annunzierà ogni cosa. Gesù le disse: Io sono, io che ti parlo!" .

 

All'umanità, che dimostra di essere aperta al dialogo,alla ricezione, sintonizzandosi sulla stessa lunghezza d' onda del divino,è concessa la conoscenza. Gesù Nazareno offre, a chiunque dimostri disponibilità, di entrare nel piano di coscienza cristico, cosmico, cioè al singolo spirito dà la possibilità di iniziare il dialogo col Padre degli spiriti (Eb 12,9:Num 16,22 e 27,16): nell' Induismo troviamo il concetto di atman che si deve ricongiungere col Brahman.

 

A questo proposito è indispensabile conoscere sia le opere di Jean Pierre Petit (direttore CNRS francese e dell'Osservatorio di Marsiglia, astrofisico serio e quotato), autore di "Enquête sur les Ovni", Paris, 1990; e "Enquête sur les Extraterrestres", Paris 1991; (entrambi pubblicati dalle Edizioni Albin Michel e tradotti in italiano) sia quanto rivelatoci da Ashtar Sheran ("Armaghedon, la battaglia finale", Edizioni Mediterranee,1990,edito nel 1978 a Berlino grazie a Herbert Victor Speer),e Erich Von Daniken ("Il seme dell' universo",1972, Ferro, Milano) negletti e misconosciuti autori.

                                                    

Si tratta di  lavori che sembrano lontani dallo studio della Sacra Scrittura; invece ne sono la logica spiegazione (Petit, per esempio, ha pubblicato in Giappone, nel 1995, la Bibbia a fumetti in 200 pp.). Ma sono discorsi, questi,che giungono strani alle orecchie di "studiosi", pastori e predicatori, che, grazie proprio alle loro lunghe orecchie, continuano a trastullarsi con  stucchevoli amenità, ormai inascoltate, senza esserne essi stessi convinti!

 

Nella trattazione del Padre Nostrofornirò i principi metodologici,desunti dalla stessa Sacra Scrittura,dall' esegesi rabbinica medioevale e dalle lezioni a distanza dell' Ambassador University, per la lettura, lo studio e la comprensione della Sacra Scrittura, che poco o nulla hanno a che fare con gli insegnamenti tradizionali ai quali ci hanno abituati,e continuerò a parlare delle diverse interpretazioni dei fatti della Sacra Scrittura, così come ci suggeriscono autori diciamo non ortodossi (mi riferisco, in particolare,ai Santini di Metaria e agli Anunnaki di Nibiru,questi ultimi chiamati sovente Elhoim nella Bibbia ebraica e Nephilim in Genesi, termine erroneamente tradotto giganti dalla Septuaginta, ma che in realtà significa "caduti dal cielo sulla terra", cioè gli “Anunnaki” della mitologia sumera).72

 

 

Appendice

Tavola A

 

 

Pericope

Significato: Cristo

Brano

"il pane di vita"

"ci sostenta"

Gv 6,35

"la luce del mondo"

"illumina la nostra via"

Gv 8,12

"la porta delle pecore"

"ci ammette alla vita"

Gv 10,7

"il buon pastore"

"si prende cura di noi"

Gv 10,11

"la resurrezione e la vita"

"ci fornisce la vita"

Gv 11,25

"la via, la verità, la vita"

"ci guida"

Gv 14,4

"la vera vita"

"ci rende produttivi"

Metafora:

"Io sono"

 

 

 

  1. Il Padre Nostro

 

Questa preghiera,insegnataci da Gesù Nazareno,ci accompagna dalla prima infanzia fino alla morte. Insegnataci dai nostri genitori, che rappresentano Dio ("onora il padre e la madre",quarta delle "dieci parole"), rappresenta il trait-d'union tra i doveri verso Dio e i doveri verso gli uomini).

Questa preghiera riecheggia il Qaddish ebraico,ancora recitato dagli Israeliti,ovviamente attualizzato da Gesù che gli diede un nuovo spirito,un nuovo e più dinamico significato.

 

Il Padre nostro contiene tutto il messaggio di Gesù:rappresenta un conciso compendio del suo insegnamento,semplice e pregnante,che non si lascia strumentalizzare dalle inutili disquisizioni e futili argomentazioni degli "studiosi".

 

Come qualsiasi altra parte della Sacra Scrittura,anche il Padre nostro risente di interpretazioni e traduzioni inesatte e infedeli che stravolgono il senso dell'insegnamento di Gesù e ci consegnano la Parola artefatta,cioè secondo "gli insegnamenti degli uomini", proprio come era stato stigmatizzato da Gesù (Mt 15, 6-9; Mc 7, 6-9), riecheggiando Isaia 29,13.

 

Pertanto, sento il dovere,ancora una volta,di riproporre il testo originale greco e la mia modesta traduzione di uomo della strada che,però,in questo caso, segue la sua strada senza lasciarsi condizionare dalle altrui traduzioni e interpretazioni.

 

Delle due versioni tramandateci dai Vangeli, Mt 6, 9-13 e Lc 11, 2-4; viene riportata nella Tavola A, in Appendice, la prima versione, in originale greco. che è diventata di uso quotidiano nel Cristianesimo.

                           

Ora di seguito do la mia traduzione, riportando in grassetto le variazioni apportate:

 

Voi dunque pregate così:

 

Padre nostro, quello nei cieli,

 

sia santificato il tuo nome,

 

venga il tuo regno,

 

sia fatta la tua volontà,

 

come in cielo anche sulla terra.

 

Dacci adesso il nostro pane di vita (ovvero necessario alla vita),

 

perdona a noi le nostre colpe,

 

come anche noi le perdoniamo a coloro che ci offendono

 

e non esporci alla prova

 

ma liberaci dal maligno.

 

Adesso formulerò una analisi ermeneutica e fornirò una esegesi dei versetti e dei termini che ho tradotto in maniera diversa da quella tradizionale.

 

La traduzione corrente da sempre recita "che sei nei cieli":trattasi di un errore gravissimo sia dal punto di vista linguistico sia biblico. Infatti, "o" è il vecchio pronome dimostrativo,non relativo,e va tradotto con "quello".73

 

A sostegno della mia tesi soccorre lo stesso testo mattaico,che più volte parla del Padre che è nei cieli (7,11;10:32,33),per esempio,al cap.23,versetti 9, dice:" εἷς γάρ ἐστιν ὑμῶν πατὴρ οὐράνιος:,che vuol dire:"...infatti uno è il Padre vostro, quello celeste...".Infatti,una antica variante,riportata dal Blass (vedi nota in calce), fa chiaramente intendere che "o" è pronome dimostrativo,perchè al posto di " οὐράνιος riporta " ἐν τοῖς οὐρανοῖς",cioè "quello nei cieli"!

 

Ovviamente tutto ciò è chiaro solo per chi vuole la chiarezza.

 

La Sacra Scrittura più volte ci parla del padre terreno dell'umanità,Satana(Gv 8, 44;1Gv 3, 8).

 

L' umanità ha due padri:"quello nei cieli",e quello in terra,al quale è sottoposto tutto il dominio materiale:"...queste cose sono mie e le do a chi voglio"! (Lc 4, 6).

 

Padre celeste, il Creatore,opera per gradi(a differenza dell'altro,che fa tutto istantaneamente,per impressionare!)ed ha un piano maestro per l'umanità che deve perfezionarsi fino al punto di diventare solo spirito acquisendo il privilegio di essere figli di Dio.

 

A quel punto il Piano maestro si concluderà e l'uomo spiritualizzato collaborerà all'incessante dinamica ed evolutiva azione creatrice di Dio.

 

"Dacci adesso il nostro pane di vita"(cioè necessario alla vita).

 

Il principio metodologico di lettura e studio della Sacra Scrittura è articolato in quattro diversi livelli,elaborati dalla esegesi rabbinica medioevale,di cui mi servo in questa occasione:   

 

1.pashut (in aramaico pshat),cioè proposto(chiamato anche senso letterale o storico);    

2.remez, accenno,allusione,rimando(ci si serve di associazioni e confronti con altri testi);     

3.darash, ricerca del senso morale del contesto:ci ricorda le favole di Esopo,cioè il famoso "Ὁ μῦθος δηλοῖ ","il racconto vuole dimostrare che","il fatto insegna che";   

4.sod, mistero,è il livello profondo e nascosto,quello esoterico.

 

I quattro livelli vengono distinti con le loro consonanti iniziali PRDS, che vocalizzate dànno il termine ebraico PaRDeS, mutuato dal persiano paraideza, per significare giardino, da cui il termineparadiso, col quale si è voluto chiamare il luogo, o meglio lo stato, di beatitudine e di grazia per i giusti.

 

Infatti, secondo l'esegesi rabbinica, che ha elaborato questo principio metodologico, chi comprende e oltrepassa questi quattro livelli di conoscenza e comprensione nello studio della Sacra Scrittura conquista automaticamente il Paradiso,cioè la suprema e vera conoscenza e il relativo livello spirituale.

 

Allora il "dacci oggi il nostro pane di vita" (o necessario alla vita) può assumere due significati:uno materiale e uno spirituale.

 

Per il materiale è pacifico che si riferisce al pane quotidiano della preghiera tradizionale,necessario per il sostentamento fisico;ma una preghiera non si può ridurre solo a questo,giacchè il pregare è l'unico modo che ha l'essere umano per mettersi in contatto col trascendente,con lo spirituale,con Dio.

 

E a Dio non si può,e non si deve,chiedere soltanto il sostentamento fisico,ma soprattutto quello spirituale(Mt 6,13:"...poi le altre cose vi saranno date in soprappiù"!)

 

La traduzione "pane quotidiano" ci viene dal latino;ma Gerolamo,dimorando in Palestina nel periodo in cui tradusse la Sacra Scrittura, tradusse giustamente "supersubstantialem",in Matteo(mentre in Luca tradusse "cotidianum",poi divenuto "quotidianum"),cioè "superessenziale" o "soprasostanziale",il che non può riferirsi al materiale pane quotidiano,ma a qualcosa di speciale,fondamentale per l'esistenza dell'uomo.Il termine greco tradotto suonava ἐπιούσιον (pronuncia epìusion),un vocabolo rarissimo,praticamente sconosciuto in lingua greca,definito in filologia come "hapax legomenon"("detto una sola volta")ovvero una parola che in un dato corpus di testi o in un autore o in un sistema linguistico ricorre soltanto una volta.Addirittura il grande Orìgène supponeva che il termine fosse stato coniato dai due evangelisti!(cfr. Origene,Sulla preghiera.Si tratta di un'opera dottrinale,un opuscolum,giuntoci per intero nella sua forma originale,scritto nell'anno 234,strutturato in tre parti.Nella seconda parte,capp.18-30,Orìgene si occupa del Padre nostro).

 

"Nel capitolo 27,Origene commenta la preghiera del “Padre nostro”,dandone un’interpretazione allegorica,dalla quale traspare comunque una marcata attenzione filologica.In particolare,Origene si domanda con insistenza quale sia il “pane” a cui si fa riferimento nel “Padre nostro”:per rispondere a tale quesito,egli cerca altri passi dei testi sacri nei quali vi sia un aggancio col luogo del “Padre nostro” su cui si vuole far luce.Il risultato origeniano è una lettura spiritualizzante del “Padre nostro”,una lettura nella quale il pane non viene inteso nel suo significato più banale,quello materiale;infatti,secondo Origene,il pane coincide con le opere che il cristiano è chiamato a compiere;si tratta di un pane del quale,come già aveva chiarito Giovanni,bisogna cibarsi in abbondanza poiché,come dirà Paolo,è il “cibo dei perfetti”.L’attenzione del nostro autore si sofferma su un termine problematico che compare nel “Padre nostro”:tale termine è “supersostanziale”,la traduzione del greco epiousion,termine che non viene impiegato da nessun altro autore greco e che è stato probabilmente coniato dagli Evangelisti:forse ciò – ipotizza Origene – si può spiegare tenendo a mente che si tratta di una traduzione in greco di un termine ebraico.Per fare luce su di esso,Origene sposta l’attenzione su un altro luogo(Esodo,19, 6)nel quale compare un termine analogo,periousion:esso è impiegato per designare il popolo eletto.Tanto in periousion quanto in epiousion v’è un comune riferimento alla ousìa,parola che alla lettera vuol dire “sostanza” ma che in questo caso significa “Dio”.Alla luce di questa comparazione,il pane di cui si parla nel “Padre nostro” non può essere quello materiale: piuttosto un pane spirituale nutrendoci del quale ci avviciniamo a Dio;come dice Origene,è un pane celeste che ci permette di vincere la morte,è un “cibo per gli angeli” che non deve essere confuso col cibo del demonio.Chiarito il termine “pane”,il nostro autore sofferma l’attenzione sulla parola “oggi”,che è centrale nel “Padre nostro”:essa dev’essere intesa nel senso escatologico di un’anticipazione dei secoli futuri.Origene spiega poi le feste ebraiche e l’impegno quotidiano a cui è chiamato il cristiano" dal Corso tenuto dal prof.M.Ravera e dal prof.C.Gianotto nel primo semestre 2005–2006 presso l’ Università degli studi di Torino.Appunti presi,scritti e sistematizzati da Diego Fusaro).  

Solo il pane di vita può rispondere a questi requisiti:"Io sono il pane della vita"(Gv 6, 35):pertanto,Gesù,insegnando a pregare,cioè a mettersi a rapporto, in contatto con Dio,ci suggerisce di chiedere Lui stesso in dono,perchè Egli rappresenta la "conditio sine qua non" per avere relazione con Dio,con la dimensione spirituale,di cui Egli è Unico Mediatore sotto il cielo.Rileggersi e meditare il cap.6 di Giovanni è fondamentale a questo proposito,e a questo punto possiamo anche suggerire un'altra più appropriata traduzione:soprannaturale,visto che il pane viene dal cielo,è disceso dal cielo,non è una cosa naturale,ma al di là e al di sopra della natura umana,come lo è il Cristo.

       

Dio non abbandonò l'uomo,gli diede un corpo fisico ("fece per essi rivestimenti di pelle"), come giustamente intende Origene,e gli indicò che cosa avrebbe dovuto fare per sopravvivere nel mondo che aveva liberamente scelto.

  

Proibì l'accesso all' albero della vita,altrimenti l'uomo sarebbe vissuto immortale in quella condizione imperfetta.

 

Ecco che cosa vuol dire "ma liberaci dal maligno":essere fortificati per resistere agli attacchi di una entità per ora più forte e potente dell'umanità,destinata a schiacciargli il capo,a sconfiggerlo,a scalzarlo.

 

La forza per resistere può venire solo da Dio,al quale va chiesta incessantemente come "Pane di vita",perchè è solo Lui in grado di condurre l'umanità alla vittoria usando la sua spada roteante a doppio taglio(“la parola di Dio è più tagliente di una spada a doppio taglio” (Eb 4, 12),la spada che vediamo all'ingresso del giardino in mano ai cherubini(Gn 3,24) e in seguito in mano sua per fare giustizia di ogni iniquità umana e cosmica(Ap 1,16 e 2,16).

 

Infine,che non si possa trattare del mero pane materiale,quello di ogni giorno,può essere inferito anche dal fatto che certamente i redattori degli evangeli,pur non essendo degli scrittori di professione,conoscevano il greco parlato,la cosiddetta koiné.E in greco antico l’aggettivo quotidiano si può dire in due modi che ritroviamo nel Nuovo Testamento:καθημερινῇ(Atti VI,1)e ἐφημέρου(Gc 2,15).Quindi i redattori avrebbero potuto utilizzare uno di questi due termini,come è stato fatto negli altri due libri neotestamentari citati.Invece preferirono usare ἐπιούσιον giacchè il significato da tramandare era un altro.

 

 

Testo originale greco del Padre Nostro

 

 

9 Οὕτως οὖν προσεύχεσθε ὑμεῖς ·

 

Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς, ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου ·

 

10 ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου · γενηθήτω τὸ θέλημά σου, ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ τῆς γῆς.

 

11 τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον·

 

12 καὶἄφες ἡμῖν τὰὀφειλήματα ἡμῶν, ὡς καὶἡμεῖς ἀφίεμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν·

 

13 καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν, ἀλλὰῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.

 

(ὅτι σοῦἐστιν ἡ βασιλεία καὶἡ δύναμις καὶ ἡ δόξα εἰς τοὺς αἰῶνας · ἀμήν).

 

 

 BIBLIOGRAFIA

 

  •  Blass,F.-Debrunner,A.,Grammatica del Greco del Nuovo Testamento,Nuova edizione a cura di F. Rehkopf,Gottingen,1896-1913;tr.it.Paideia,Brescia, 1982; (Biblioteca Italo Zamprotta)
  • Blass,F.,Textkritische benerkungen zu Matthaus,Gottingen,1900;tr.it.Paideia,Brescia,1975;(Beitrage zur Forderung cfristlicher theologie IV, 4), Gutersloh;
  • Aron,R.,Così pregava l' ebreo Gesù,Marietti,Torino,1982;
  • Aland,K.,Black,M.,Martini,C.M.,Metzger,B.M.,Vikgren,A., The Greek New Testament,United Bibles Societies,Stuttgart,1983; (Biblioteca Italo Zamprotta)
  • Avril,A.C.,Lenhardt,P.,La lettura ebraica della scrittura,Edizioni Qiqaion,Magnano,1984;(Biblioteca Italo Zamprotta)
  • Standaert,B.-Clement,O.,Pregare il Padre nostro,Edizioni Qiqaion,Magnano,1984 (Biblioteca Italo Zamprotta)
  • Montanari,L.,GI-Vocabolario della lingua greca,Loescher Editore,Torino,1995 (Biblioteca Italo Zamprotta)

 

 

  1. ALCUNE CONSIDERAZIONI SU 5,4 DEL CANTICO DEI CANTICI

 שִׁיר הַשִּׁירִים

Ασμα Ασμάτων

Canticum cantorum

Il più bel Canto

 

 

A proposito di questo libro dell’Antico Testamento,sempre travisato nel significato e manipolato nella traduzioni,desidero soffermarmi su tre aspetti:

  1. il primo riguarda il versetto 4 del capitolo 5;
  2. il secondo riguarda il lemma ebraico e greco che in italiano è stato sempre tradotto con ‘mammelle’,presente per ben 10 volte,e tradotto sempre molto castamente;
  3. il terzo riguarda l'aspetto allegorico.

 

Purtroppo,un malinteso senso di perbenismo e le fasulle interpretazioni date sia dall’ebraismo sia dalle chiese cristiane hanno indotto per secoli a credere in un Cantico esclusivamente allegorico.Si sono sprecate le migliori penne bibliche e teologiche dell’universo mondo,riempiendo migliaia e migliaia di pagine per offrirci delle spiegazioni che più assurde non si può.

 

Recentemente si è arrivati a più miti consigli e si è cominciato a prospettare che trattasi di un vero Canto d’amore,erotico e sensuale,che spazza via ogni altra considerazione e dà all’eros il giusto posto che gli spetta nella vita dell’umanità.

 

Ovviamente per tradurre certi termini non si può – e non si deve! – ricorrere a vocaboli attenuati o a perifrasi,che tradiscono il testo originale e tolgono vigore e significato alla realtà rappresentata nel Cantico.

 

Pertanto,ho ritenuto di usare termini schietti e veraci,quelli che usano gli innamorati quando si amano.Termini di amore appassionato,che nulla hanno a che vedere con i termini asettici e spenti utilizzati fino ad oggi dai traduttori.

 

13.1.

5:4. ἀδελφιδός μου ἀπέστειλε χεῖρα αὐτοῦ ἀπὸ τῆς ὀπῆς, καὶ ἡ κοιλία μου ἐθροήθη ἐπ᾿αὐτόν.      

 

C’è voluta la pubblicazione,proprio quest’anno(1995),del Vocabolario della Lingua greca,edito da Loescher di Torino,per avere la conferma scientifica della traduzione di ἀδελφιδός con amante, altrimenti continuavano a tradurlo con diletto ed altre amenità del genere per non turbare i bennati!(In tal modo,come vanno in pensione il Rocci,il Liddel-Scott-Jones e gli altri vecchi vocabolari di greco antico,così dovrebbero andare in pensione,d’ufficio,tanti presunti e sedicenti studiosi).

 

Si tratta di un esempio,uno dei tanti,per dimostrare la malafede e la disonestà intellettuale dei traduttori,condizionati sempre dalle dottrine degli uomini, contrabbandate per Parola di Dio,e dalla bimillenaria sessuofobia cristiana,non prevista dalla Sacre Scritture.E' patetico dover leggere,ad ogni nuova pubblicazione di traduzione della Bibbia:"Tradfuzione condotta sui testi originali".Quali testi?Quelli che sono nella loro testa?Infatti,ogniqualvolta mi sono accinto a fare una traduzione per conto mio,mi sono ritrovato tra le mani sempre qualcosa di diverso dalle traduzioni "ufficiali",cioè quelle fatte dai cosiddetti "addetti ai lavori".

 

Il Cantico,come qualsiasi altra Sacra Scrittura,ha un valore letterale e un valore simbolico,e va conosciuto.studiato e meditato,così come accade per gli altri Libri della Sacra Scrittura e per tanti passi che possono suonare “strani e diversi” alle orecchie lunghe degli “studiosi”.

 

Infatti,il significato letterale è quello che è,e non è lecito alterarlo per compiacere i falsi,inutili e inopportuni moralismi di tanti scriteriati che leggono la Sacra Scrittura o per abitudine o per dovere d’ufficio o come lettura “edificante”:la Sacra Scrittura,non mi stancherò mai di dirlo,è qualcosa di diverso e va studiata,non letta.

 

Negli anni ’70 un amico mi diceva:”Nella Bibbia puoi trovarci tutto quello che vuoi”:oggi posso rispondergli,da queste pagine,che ciò è possibile a coloro che leggono la Sacra Scrittura come lui è stato abituato a leggerla,cioè col cervello,predisponendosi ad essa come per lo studio della “Divina Commedia” dantesca o de “I Promessi Sposi” manzoniani.

 

Invece,la Sacra Scrittura si legge con il cuore e con la mente,intendendo con questi due termini qualcosa di non fisico,di non materiale,ma di spirituale:è un po’ la stessa differenza che passa tra lo spirito dei Sinottici e lo spirito del Vangelo di Giovanni.

 

Quindi,il Cantico va,innanzi tutto,inteso come un vero e proprio poema erotico,bellissimo e molto poetico,in cui nulla è lasciato all’ immaginazione e dove la fantasia si accende in una miriade di pensieri voluttuosi per il partner,che nulla hanno di riprovevole perché tra due che si amano veramente tutto è concesso e non esistono barriere:non per niente Gn 3,23 ci dice:”…e i due saranno uniti un una sola carne…”.servendosi a questo proposito del termine ebraico “dabaq”(דָּבַק, דָּבֵק),che sta ad indicare una unione inscindibile che noi dobbiamo rispettare e osservare se vogliamo veramente conformarci alla volontà del nostro Creatore.

 

Dio vuole essere cercato come lo sposo cerca la sposa e l’amante la persona adorata.Per questo motivo troviamo sovente nella Sacra Scrittura queste similitudini sensuali che fanno pensare all’ amore profano,ai rapporti sessuali di coppia,all’erotismo.

 

Purtroppo,l’uomo non ha capito tutto ciò e continua a perdere del tempo prezioso e ad inseguire vane chimere tralasciando Dio,con cui non riesce ad instaurare un qualsiasi rapporto e col quale non sa mettersi in relazione,in po’ come quei figli che non riescono a mettersi in relazione con i genitori,o con un genitore,perché ritengono di appartenere ad un’altra generazione e,quindi,la distanza nel tempo e nello spazio annulla qualsiasi possibilità di intesa.

 

Così siamo noi nei confronti di Dio e a poco è valso l’intervento e il coinvolgimento umano del Cristo per ristabilire una relazione e un rapporto duraturi e solidi,resistenti al tempo e proiettati nell’eternità.

 

Il versetto 5:4. quindi veniva generalmente tradotto così:

5:4.ἀδελφιδός μου ἀπέστειλε χεῖρα αὐτοῦ ἀπὸ τῆς ὀπῆς, καὶ ἡ κοιλία μου ἐθροήθηἐπ᾿αὐτόν.

Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio e un fremito mi ha sconvolta”.

 

Ho scelto la suddetta traduzione perché è già molto avanzata rispetto a numerose altre.

 

Ma ora ne faremo l’analisi filologica con la traduzione reale.

 

ἀδελφιδός          

l’amante

 

μου 

mio

ἀπέστειλε 

introdusse

χεῖρα  

la mano

αὐτοῦ 

sua

ἀπὸ τῆς ὀπῆς        

nell’orifizio

καὶ 

e

ἡ κοιλία                 

=

l’utero

μου

=

mio

ἐθροήθη

=

fremette

ἐπ᾿αὐτόν               

=

per lui

 

 

L’orifizio,in questo caso,non può essere che quello femminile vulvare.L’utero rappresenta l'organo sesssuale femminile e,quindi,il desiderio sessuale,come previsto semanticamente da questo lemma(vedi Montanari in Bibliografia).

 

Quindi la traduzione effettiva è:

Il mio amante mise la sua mano nella vulva e mi fece fremere di desiderio sessuale”.

(Il maggiore studioso italiano di letteratura ebraica, Franco Michelini Tocci, ordinario presso l'Università statale di Vnezia, nel suo "La letteratura ebraica" Sansoni, Accademia Edizioni, Milano, 1970, p.90, fornisce la seguente traduzioni: "Spinse il diletto mio la sua mano attraverso la fessura e il ventre mio tremò per causa sua"). E' già qualcosa, ma ervamo ancora nel 1970!

 

La traduzione del lemma greco antico κοιλία,riportato dalla Septuaginta(la versione greca dell'Antico Testamento)con utero è confortata dal Montanari(vedi Bibliografia),il quale attesta che il lemma è presente nel Libro dei Giudici(cap.16,versetto 17)e nei Salmi(131,11)con l'accezione di utero nel primo caso e di organo sessuale nel secondo caso.Riporto i brani in questione:

"...ὅτι ἅγιος Θεοῦ ἐγώ εἰμι ἀπὸ κοιλίας μητρός μου·...".Tradotto:"...perchè io sono un santo di Dio dall'utero di m ia madre...".

"...ἐκ καρποῦ τῆς κοιλίας σου θήσομαι ἐπὶ τοῦ θρόνου σου·...". Tradotto:"...dal seme del tuo organo genitale salirà sul tuo trono...".

 

Del resto l'originale ebraico riporta דּוֹד (leggasi dod), che significa appunto "amante". Il termine greco della Septuaginta è stato condizionato per circa 2000 anni dalla Vulgata latina di Gerolamo. Da lì è venuto fuori "dilectus meus", tradotto "il mio diletto", che ha condizionato tutte le successive traduzioni eseguite da parrucconi sedicenti timorati di Dio. Costoro si sono dimostrati solo sessuofobi e intellettualmente disonesti.

 

13.2.

 

 

Analogamente dicasi per il secondo punto.Come ho ricordato,il lemma “mammella” viene riportato per una decina di volte,tradotto sempre con l’asettico “seno”.

 

In realtà,quando si tratta di eros,di passione nessuno si sogna di chiamare seno le mammelle, ma ricorre ad altri termini più diretti e pregnanti.

 

Quindi ho ritenuto di usare un altro termine e di modificare anche certe traduzioni “accomodate” per le orecchie dei benpensanti, inserendo la mia traduzione al quarto rigo.

 

1:1.Φιλησάτω με ἀπὸ φιλημάτων στόματος αὐτοῦ, ὅτι ἀγαθοὶ μαστοί σου ὑπὲρ οἶνον 

osculetur me osculo oris sui quia meliora sunt ubera tua vino.

Mi baci con i baci della sua bocca perchè il suo seno è più dolce del vino.

Mi baci con i baci della sua bocca perchè le sue zizze sono più dolci del vino.

1:12.ἀπόδεσμος τῆς στακτῆς ἀδελφιδός μου ἐμοί, ἀνὰ μέσον τῶν μαστῶν μου αὐλισθήσεται

fasciculus murrae dilectus meus mihi inter ubera mea commorabitur.

Il mio diletto è per me un sacchetto di mirra sul mio seno si riposa.

Il mio amante è per me un sacchetto di mirra,in mezzo alle mie zizze riposa.

4:5.δύο μαστοί σου ὡς δύο νεβροὶ δίδυμοι δορκάδος οἱ νεμόμενοι ἐν κρίνοις

duo ubera tua sicut duo hinuli capreae gemelli qui pascuntur in liliis.

I tuoi seni sono come due cerbiatti gemelli di gazzella che pascolano tra i gigli.

Le tue zizze sono come due cerbiatti gemelli di gazzella che pascolano tra i gigli.

7:3.δύο μαστοί σου, ὡς δύο νεβροὶ δίδυμοι δορκάδος·

duo ubera tua sicut duo hinuli gemelli capreae.

I tuoi seni sono come due cerbiatti gemelli di gazzella.

Le tue zizze sono come due cerbiatti gemelli di gazzella.

7:7.τοῦτο μέγεθός σου, ὡμοιώθης τῷ φοίνικ ικαὶ οἱ μαστοί σου τοῖς βότρυσιν

statura tua adsimilata est palmae et ubera tua botris.

La tua statura rassomiglia a una palma e i tuoi seni ai grappoli.

La tua statura rassomiglia a una palma e le tue zizze ai grappoli. 

7:8.εἶπα·ἀναβήσομαι ἐπὶ τῷ φοίνικι, κρατήσω τῶν ὕψεων αὐτοῦ, καὶἔσονται δὴ μαστοί σου ὡς βότρυες τῆς ἀμπέλου καὶ ὀσμὴ ρινός σου ὡς μῆλα

dixi ascendam in palmam adprehendam fructus eius et erunt ubera tua sicut botri vineae et odor oris tui sicut malorum.

Ho detto: «Salirò sulla palma,coglierò i grappoli dei datteri;mi siano i tuoi seni come grappoli d'uva e il profumo del tuo respiro come di pomi».

Ho detto: «Salirò sulla palma,coglierò i grappoli dei datteri;mi siano le tue zizze come grappoli d'uva e il profumo del tuo respiro come di pomi».

7:12.ὀρθρίσωμεν εἰς ἀμπελῶνας, ἴδωμεν εἰ ἤνθησεν ἡ ἄμπελος, ἤνθησεν ὁ κυπρισμός, ἤνθησαν αἱ ροαί·ἐκεῖ δώσω τοὺς μαστούς μου σοί

mane surgamus ad vineas videamus si floruit vinea si flores fructus parturiunt si floruerunt mala punica ibi dabo tibi ubera mea.

Di buon mattino andremo alle vigne;vedremo se mette gemme la vite,se sbocciano i fiori,se fioriscono i melograni:là ti darò le mie carezze! 

Di buon mattino andremo alle vigne;vedremo se mette gemme la vite,se sbocciano i fiori,se fioriscono i melograni:là ti darò le mie zizze! 

8:1.ΤΙΣ δῴη σε, ἀδελφιδέμου, θηλάζοντα μαστούς μητρός σου; εὑροῦσά σε ἔξω φιλήσωσε, καί γε οὐκ ἐξουδενώσουσί μοι

quis mihi det te fratrem meum sugentem ubera matris meae ut inveniam te foris et deosculer et iam me nemo despiciat.

Magari tu fossi il mio fratellino,allattato al seno di mia madre!Trovandoti fuori ti potrei baciare e certamente non sarei biasimata.

(In questo caso la traduzione resta immutata perché trattasi di amore fraterno non di eros). 

8:8. ἀδελφὴ ἡμῶν μικρὰ καὶ μαστοὺς οὐκ ἔχει· τίποι ήσωμεν τῇ αδελφῇ ἡμῶν ἐν ἡμέρᾳ, ᾗἐὰν λαληθῇ ἐν αὐτῇ

soror nostra parva et ubera non habet quid faciemus sorori nostrae in die quando adloquenda est.

Nostra sorella è piccola, e ancora non ha mammelle.Che cosa faremo per nostra sorella il giorno in cui si parlerà di ciò?

(la traduzione resta immutata perché trattasi di amore fraterno non di eros). 

8:10.ἐγὼ τεῖχος, καὶ μαστοί μου ὡς πύργοι· ἐγὼ ἤμην ἐν ὀφθαλμοῖς αὐτῶν ὡς εὑρίσκουσα εἰρήνην

ego murus et ubera mea sicut turris ex quo facta sum coram eo quasi pacem repperiens.

Io sono un muro e i miei seno sono come torri!Così sono ai tuoi occhi,come colei che ha trovato pace!

Io sono un muro e le mie zizze sono come torri!Così sono ai suoi occhi come colei che procura pace! 

 

(Il lemma "zizza" da me usato non è una stravaganza.Innanzi tutto va notato che trovasi nel Dizionario italiano Hoepli col significato di "mammella";ma anche nel Dizionario etimologico italiano DELI di Cortelazzo-Zolli e nel più antico Dizionario etimologico italiano del Pianigiani che ne riportano l'etimologia dal longobardo "zizza" e dal medio alto tedesco "zitza",che significa capezzolo e,per estensione,mammella.Viene usato ancora nella mia regione d'origine,la Campania[che fu sede del Ducato longobardo di Benevento],per indicare le tette femminili con allusioni erotiche).

 

Per il terzo punto,quello allegorico,mi rifaccio al Doctor Subtilis,il Dottor Sottile,cioè il Beato Giovanni Duns Scoto(1266-1308).

 

Questo grandissimo studioso francescano(insegnò nelle Università di Parigi,Oxford,Cambridge e Colonia)ebbe una celebre disputa con i Domenicani nel primo semestre del 1307 all'Università di Parigi.Fu il primo teologo che discusse e dimostrò quello che dopo oltre cinque secoli sarà definito il dogma dell'Immacolata Concezione.

 

Infatti,fino ad allora la quasi totalità dei teologi e delle scuole teologiche che imperversavano nelle università non ammettevano l'Immacolata Concezione (accecati dalla loro boria e arroganza culturale e,forse,anche da antichi pregiudizi antifemminili).

 

L'esposizione di Giovanni Duns Scoto fu tale che gli avversari rinunciarono a confutarlo e il Papa dell'epoca,Clemente V,gli conferì il titolo di Doctor Subtilis su proposta delle autorità accademicahe parigine.Il popolo,dal canto suo,che già venerava in tal modo la Beata Vergine Maria,gli conferì il titolo di Doctor Marianus,cioè Dottore dell'Immacolata.

 

Giovanni Duns Scoto nella sua esposizione citò il Cantico dei Cantici,e precisamente il versetto 6 del capitolo 8: "l'amore è forte come la morte". Ciò sta a dimostrare che il grande studioso,che era certamente anche un ispirato,vedeva nel Cantico ciò che la quasi totalità degli studiosi e dei lettori non riesce a vedere.Egli vedeva l'allegoria del Cantico,e nei due amanti certamente ravvisava la continua ricerca di uno dell'altro,come accade,ancora oggi,per il Cristo alla ricerca della sua Chiesa(ricordo che chiesa significa assemblea),quindi alla ricerca di quella unione di tutti i fedeli in nome del suo divino e immutabile insegnamento,che è il comandamento dell'amore.

 

In conseguenza di questa visione delle cose,il Cantico assume allora un'altra valenza,molto più alta e costruttiva,perchè ci indica la via dell'amore profondo che da eros diventa agàpe.

 

BIBLIOGRAFIA

 

Angelini,C.                        Il Cantico dei cantici

1973                                                                Einaudi,Torino

 

Simonetti,M.                    Origene.Commento al Cantico dei cantici

1976                               Città Nuova Editrice,Roma

 

Neri,U.                             Il Cantico dei cantici.Targum e antiche interpretazioni ebraiche

1976                               Città Nuova Editrice,Roma

 

Aa.Vv.                             Septuaginta

1979                               edidit Alfred Rahlfs

                                       Deutsche Bibelgesellschaft,Stuttgart

 

Gillieron,B.                      Dictionnaire biblique

1985                               Edtions du Moulin SA

 

Danieli,M.I.                      Origene,Omelie sul Cantico dei cantici

1990                                                               Città Nuova Editrice,Roma

 

Lauriola,fr.Giovanni         Betlemme,8 dicembre 1993, Festa dell'Immacolata Concezione della Vergine Maria (omelia)

1993

 

Cimosa,M.                       Guida alla studio della Bibbia greca

1995                                                              Società biblica britannica & forestiera,Roma

 

Montanari,F.                    GI.Vocabolario della lingua greca

1995                                                                Loescher Editore,Torino

        

De Fiores,S.                     Il dogma dell'Immacolata Concezione:Storia,teologia e attualità (conferenza 18 e 19 novembre)

2004

 

(da “Incontri biblici”, dispensa di Lezioni di Storia delle religioni all’Università popolare di Milano, novembre-dicembre1995, con aggiornamento 2004).

 

 

 

 

NOTE

 

1.Morelli, G., Paradiso terrestre e  peccato originale, in Alla scoperta della Bibbia:Secoli sul mondo, a cura di G. Rinaldi, Marietti, Torino, 1955. Su

   Morelli è utile consultare Biografia di Mons.prof.Giuseppe Morelli, Sezione 9.0. di questo sito, Biella, 2005.

2.Zamprotta, I., Lezioni di storia delle religioni e scienze bibliche, UPB, Biella, 1992.

3.Armstrong, H.W., Amore, matrimonio e sesso alla luce della Bibbia, Ambassador University, Pasadena, 1988.

4.Blocher, H., Révélation des origines, - Le début de la Genèse, Presses Bibliques Univesitaires, Lausanne, 1979; tr.it.  La Creazione - l’inizio della

   genesi, Edizioni G.B.U., Roma, 1984.

5.Chiesa, B., Corso di Ebraico biblico 2, Glossario, sub voce panyim, p.170, Paideia Editrice, Brescia, 1986.

6.Sir Austen Henry Layard (5 March18175 July1894)fu un viaggiatore britannico, archeologo, studioso di testi cuneiformi, storico dell’arte,

   disegnatore, collezionista, scritore  diplomatico, meglio conosciuto come lo scopritore di Nivive e Nimrud nel 1840.Iniziò nel 1845 gli scavi di

   Nimrud e nel 1849 quelli di Nivive.

   Cfr.Layard, A.H., Nineveh and its remains: with an account of a visit to the Chaldæan Christians of Kurdistan, and the Yezidis, or devil

   -worshippers; and an enquiry into the manners and arts of the ancient Assyrians, J. Murray, 1850, London. In lingua italiana è possible

   consultare:: Delle scoperte di Ninive. Descrizione di Austeno Enrico Layard; volgarizzamento di Ercole Malvasia Tortorelli, Sassi Bologna, 1855;

   testo reperibile nella biblioteche di Firenze, Mantova, Pavia, Perugia, Roma.

7.Meredith, C.P., Satan’s Great Deception (“Il grande inganno di Satana”),Ambassador College,Pasadena,USA,1958. pp.16-17 e 25-29.

   Il Dr.Meredith fu un ministro della Worldwide Church of God(Chiesa di Dio Universale),presso la quale negli anni ’80-90 io stesso seguii i

   corsi biblici in inglese, francese e italiano.

8.Frazer, J.G., Il ramo d'oro: studio sulla magia e la religione, p.471,Boringhieri, Torino

9.Hislop, A., The two Babylons, S.W.Partridge & CO, London, 1916. Vi è una incompleta traduzione italiana, a cura di Anna Maria Meriggi,  Le

   due Babilonie, marzo 1990 e ristampa gennaio 2005, a cura dell’Associazione Cristiana “W..M.Branhm”, zeppa di errori di traduzione 

   dall’inglese,fa rilevare anche i limiti scientifici dell’autore, il reverendo massone inglese Alexander Hislop: massone e pastore

   protestante, un mix esplosivo! Il risultato è che si rischia di mettere in discussione l’intera ricerca. 

10.I Saturnali (o Saturnalia) erano un'antica festività della religione romana dedicata all'insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età

     dell'oro; si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, come stabilito da Domiziano. Alcune delle sue antiche usanze sono ancora oggi riconoscibili nei

     festeggiamenti per il Carnevale ed il Natale.Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Saturnali"

     Molto utile a questo proposito la consultazione di Bailey, C.,:The legaciy of Rome, p.242, Clarendon Press, Oxford; tr.it. con traduzione di

     Tommaso Gnoli e Sergio Rossi; revisione critica di A. M. Dell'Oro, Vallardi, Milano, 1953.

11.Urlin Hargreave, E.L.(1858 - ?), Festivals, holy days and saints’ days; a study in origins and survivals in church ceremonies & secular

     customs(Festival, giorni santi e giorni dei santi),p.222, Simpkin, Marshall, Hamilton, Kent & co., London, 1915.

12.Cfr. Guénon (1886-1951), R., Symboles fondamentaux de la Science sacrée, recueil posthume etabli et pres. par M. Valsan, Gallimard, Paris,

     1965; tr.it. Smboli della scienza sacra, Adelphi, Milano, 1975.

13.Cfr. Sanga, G., 1982 - "Personata libido", Le interpretazioni del Carnevale, La Ricerca Folklorica, Brescia, Grafo ed., pp. 5-12.

14 Cfr. Toschi, P., Il folklore, Studium, Roma, 1960. 

15.Cfr. Bachtin, M. (1895-1975), L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, 

     Einaudi, Torino, 1979. 

16.I Lupercali (o Lupercalia) erano una festività religiosa romanache si celebrava il 15 di febbraio, in onore del dio della fertilità Luperco (o

     Lupercus), protettore del bestiame e delle messi. I Lupercalia furono una delle ultime feste pagane ad essere abolite dai cristiani. Nel 496 papa

     Gelasio Iriuscì ad ottenere l'abolizione della festa, sostituita con la cerimonia della purificazione di Maria, da celebrare con una processione di

     ceri accesi (Candelora) il 2 febbraio.

17.Le Antesterie o Festa dei fiori erano Feste celebrate in Atene e nelle città ioniche nel mese di antesterione (febbraio-marzo).

     Quelle ateniesi duravano tre giorni: nel primo venivano tolti i sigilli agli otri e si spillava il vino nuovo. Nel secondo c'era una gara tra bevitori e

     una processione dionisiaca con maschere. Nel terzo si cuoceva la panspermia (seme di tutte le piante) che veniva offerta a Hermes ctonio

    (cioè sotterraneo o infero)e a Dioniso.

18.Apuleio, L’asino d’oro (Le trasformazioni), XVI, traduzione e note di Claudio Annaratone, Rizzoli, Milano, 1955. 

19.Apuleio, op.cit.

20.Cfr. Jean Chevalier, J., - Gheerbrant, A., Dizionario dei simboli : miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, pp. 204-6,  2 voll.,

     Rizoli, Milano,1987

21.Woodrow, R., Babilonia, misterio religioso, antiguo y moderno, p.227, Evangelistic Association, Riveside, CA, USA, 1966 e 1981,

22.Hislop, A., op,cit.

23.Erodoto, Hrodotou Istoriai, Le Storie, II-109, p. 373, introduzione di Kennet H. Waters, traduzione e note di Luigi Annibaletto, Mondadori,

     Milano, 1985.

24.Bunsen, C.C.J., Egypt’s place in universal history: an historical investigation in five books, Longman, Brown, Green, and Longmans,

     London,1848-67.

25.A questo proposito è molto utile leggere i risultati delle ricerche effettuate da un grande sumerologo e semitista, il Dr. Zecharia Sitichin, russo

     di orgine ebrea, dottore della London School of Economics, vive a New York, è giornalista e scrittore, autore di numerosi libri moto originali

     sull’origine e sviluppo dell’umanità, sul nostro sistema solare, sui miti cosmogonici  sumeri, egizi, assiro-babilonesi, sulla genesi della religione

     ebraica  e sui testi sacri mesopotamici. 

26.I.Zamprotta, I Celti e il Druidismo, in Lezioni di Storia delle Religioni e Scienze bibliche, UPB, 1996, p.59.

27.Chiamo vescovi di Roma coloro che impropriamente vengono definiti papi. Infatti tale appellativo fu usato ufficialmente soltanto dall’anno 

     610, quando l’allora Vescovo di Roma, Bonifacio, chiese ed ottenne di usare il titolo di Papa dall’allora imperatore bizantino Foca. Sull’origine e

    significato dal titolo Papa è utile consultare il mio lavoro Lezioni Storia delle religioni e scienze bibliche, UPB, Biella, 1996, dove richiamo due

    articoli del grande critico  Federico Zeri: L' enigma della Sistina, La Stampa, lunedì 27 aprile 1986, pagina 3; e San Pietro seduto, La

    Stampa,domenica 12 marzo 1989, pag. 3 (a questo proposito è comunque doveroso citare l'opera di F.Zeri in cui è esposta questa

    ipotesi: Orto Aperto,Longanesi, pp.41-43).

28.A proposito degli innumerevoli santi riconosciuti e canonizzati dalla Chiesa cattolica romana, rimando a quando dichiarato dal veggente

     svedese Emmanuele Swedenborg (1688-1772) in Cielo e Inferno, l’aldilà descritto da un grande veggente, Edizioni Mediterranee, Roma,

    1988,a cura di Paola Giovetti, p.191.

29.Cfr. Smith, H.W., Man and his gods, p,129, Little Brown, Boston, 1952 (testo reperibile presso la Biblioteca universitaria di Padova).

30.In realtà la raffigurazione del cerchio intorno alla nuca è un simbolo esoterico che rappresenta l’aura spirituale che possiede ognuno di noi. Il

     mio fraterno amico, Prof.Edmondo Tisanna, la percepiva e vedeva in ogni persona. Ovviamente varia il colore che denota il livello spirituale

     dell’interessato: colori chiari=evoluzione, colori scuri=involuzione.

31.Apartian, D., Dottore in Teologia, Direttore Dipartimento Ambassador College, Ministro evangelico e scrittore.

32.Caio Giulio Cesare, De Bello Gallico, Le guerre in Gallia, a cura di Carlo Carena, Mondadori, Milano, 1987.

33.Dottin, H.G.(1863-1928), Manuel pour servir à l' étude de l' antiquité celtique, Librairie H. Champion,2.ed. revue et augmentée, Paris, 1906.

34.Pernoud, R., Les Gaulois, Seuil, Paris, 1979

35.Cfr. Rolleston, T.W. (1857-1920), Myths and Legends of the Celtic Race, Farrar&Rinehart , New York, 1934. In lingua italiana è possible

     consultare: I miti celtici, traduzione di Elena Campominosi, Longanesi, Milano, 1994.

36.Thierry, A. (1797-1873), Histoire des Gaulois:depuis les temps les plus recules jusqu'a l'entiere soumission de la Gaule a la domination

     romaine,edité par Librairie académique Didier ,paru en 1863 Paris.

37.Hubert,H.,Les Celtes depuis l'époque de la Tène et la civilisation celtique" La renaissance du livre,1932,Réedition Jean de Bonnot,2007,

     p.25

38.Funck Brentano, F., Les origines, Paris, Hachette, 1941.

39.De Jubainville d’Arbois, M.H. (1827-1910),  Les Premiers habitants de l' Europe:d'apres les ecrivains de l'antiquite et les travaux des

     linguistes, J.B.Dumoulin, Paris, 1877

40.Grant,J.A., Toughts of the Origin and Descent of the Gael, p.156, printed by Walker & Greig, Edinburgh, 1814.

41.Vallency, Charles, Collectanea de rebus hibernicis,  6 voll., Thomas Ewing (& others), Dublin, 1770-1784.

42.Turner, S., The History of the Anglo-Saxons from the earliest period to the Norman conquest, Baudry's European Library, Paris, 1840.

43.Guizot de Witt, H., L'histoire de France depuis les temps les plus reculés jusqu'en 1789, redigé par m.me de Witt, nee Guizot sur le plan et

     d'apres les notes de m. Guizot, son pere,  pp.16-17, Librairie Hachette et C., Paris, 1876.

44.Cfr. Thierry, op.cit. p.56

45.Thierry, op.cit. p. 154.

46.Zeller, B., La Gaule et les Gaulois d’après les écrivains grecs et latins., Hachette, Paris, 1876

47.Cfr. Rolleston, T.W., op.cit. p. 37.

48.Enciclopedia giudaica, sub voce "Pietra sacra".

49.Pernoud, R., op.cit., p.78

50.Cfr.Courcelles-Seneuil, J.L., (1846-19 ??  ), Les dieux gaulois d’apre?s les monuments figure?s; ouvrage illustre? de 112 gravures et de 11

     planches hors texte, p.61, Leroux, Paris, 1910.

51.Courcelles.Seneuil, J.L., op.cit. p.253.

52.Davies, E.(1756-1831), Celtic Researches, on the Origin, Traditions and Languages of the Ancient Britons, p.190, Printed for the author,

     and sold by J. Booth, London, 1804.

53.Cfr. Zeller, B., op.cit., p.37-38

54.Cfr. Pernoud, R., op.cit., p.66

55.Cfr, Courcelles-Senueil, J.L., op.cit., p.66

56.Larousse du XX siècle, sub voce Celtes, six volumes, sous la direction de Paul Auge, 1928.

57.Cfr. Hubert, H.(1872-1927),  The greatness and decline of the Celts, p.198, P.Kegan, London, 1934.

58.Cfr. Flinders Petrie,W.M. (1853-1942), Some sources of human history, p.95-98,Society for promoting Christian knowledge, London; The

     Macmillan co., New York, 1919

59.Cfr. Noth, M.,  Storia di Israele, tr.it.Brescia, 197

60.Rowley, H.H., Moses and the decalogue, in Bulletin of the John Ryland's, vol.34, pp.81/118, 1951;

     Stamm, J.J., Le Decalogue à la lumiére des recherches contemporaines, Lunt Harbor, Book End, Frenchboro, USA, 1959 ;

     Auzou, G.Dalla schiavitù al servizio: il libro dell' Esodo, EDB, Bologna, 1975;

     Galbiati, E., La struttura letteraria dell’Esodo, tesi di dottorato in Scienze bibliche, PIB. Roma, 28 giugno 1954., pubblicata da Paoline,

     Alba,1956

61.Alt, A., Die Ursprunge des israelitischen rechts, Leipzig, 1934, in vol. 1 of Kleine Schriften , 279–332. Munich, 1953.

62.Cfr. Zamprotta, I., Il pensiero sociale cristiano nell' evoluzione dei rapporti politici, economici e socioculturali, Istituto Superiore di Servizio

     Sociale, ANSI, Milano, 1984, tesi di Diploma di Assistente sociale

63.Cfr. Cazelles,H., Etudes sur le Code de l' Alliance, Paris, Letouzey, 1946

64.Cfr. G.Fohrer, Einleitung in das Alte Testament, 1969;

     Cfr. Wagner,V., Rechtssatze in gebunder sprache und Rechtssatzereihen im israelitischen Recht: Ein Beitrag zur Gattungsforschung,

     VII+72,Berlin; New York, 1972 (fa parte di Zeitschrift f. d. alttestamentliche Wissenschaft. Beihefte).

65.Armstrong, H.W., The Mistery of the Ages, Ambassador University, Pasadena, 1986

66.Cfr. Zeri, F., , L' enigma della Sistina, La Stampa, lunedì 27 aprile 1986, pagina 3; e San Pietro seduto, La Stampa, domenica 12 marzo

     1989,pag. 3.

67.Cfr. Von Reventlow, H., Gebot und Predigt im Dekalog, Gutersloh, 1962

68.Zamprotta, I., Glossario di Scienze bibliche (era an che su supporto magnetico, resta il cartaceo), UPB, Biella, 1988. 

69.Horst, F., Dekalog,Tubinga,1958; Haase, R.,Die Keilschriftlischen rechtssammlungen in deutescher Ubersetzung,Wiesbaden,1963

70.Nielsen, E., Die zehn Gebote.Eine traditiongeschichtliche Skizze, Kopenhagen, 1965

71.Donini, A.,  Lineamenti di storia delle religioni, Editori Riuniti, Roma, 1974

72.Zecharia Sitchin, di origine ebrea, è nato in Russia nel 1920.Ha conseguito il dottorato alla London School of Economics. 

     Ha Insegnato Storia economica ad Harvard. Esperto di lingue semitiche e di Sumerologia,è uno dei pochi studiosi che è riuscito a

     decifrare correttamente migliaia di tavolette cuneiformi sumere,offrendo un’interpretazione originale dei testi e ricostruendo,così, la

     storia del nostro sistema solare, dell’umanità terrestre e dell’influenza determinante esercitata su di essa dalle civiltà extraterrestri. I

     suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. In italiano esistono oltre 12 testi facilmente reperibili in libreria.

73,Blass-Debrunner-Rehkopf, Grammatica del Greco del Nuovo Testamento, Gottingen,1975,tr.it.Paideia,Brescia, 1982,p.322,§ 249.

(Biblioteca Italo Zamprotta)

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www.italozamprotta.net Italo Zamprotta il promotore delle Università Popolari di Biella

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